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« Torna agli articoli di Marco Invernizzi
Questa estate è stato in Honduras un giornalista del settimanale Tempi, Rodolfo Casadei, che ha prodotto numerosi servizi sulle vicende accadute in quel Paese dopo il 28 giugno scorso. Si tratta di avvenimenti sui quali si è verificata una pressoché totale disinformazione e quindi vi prego di non smettere di leggere queste mie parole. (...)
Come sapete, il 28 giugno scorso il Presidente della Repubblica Manuel Zelaya è stato portato all’estero dai militari e sostituito provvisoriamente con il Presidente del Parlamento, Roberto Micheletti, eletto da quest’ultimo organismo. Tutta la stampa mondiale ha scritto di un colpo di Stato militare.
In verità Micheletti è un imprenditore e uomo politico dello stesso partito dell’ex Presidente Zelaya, il partito liberale, figlio di immigrati bergamaschi, eletto alla Presidenza del Paese fino alle prossime elezioni (29 novembre) e all’insediamento del nuovo Presidente (gennaio 2010). Dopo lascerà l’incarico provvisorio. L’ex Presidente Zelaya, infatti, aveva indetto un referendum per modificare la Costituzione in modo da poter essere rieletto alla guida dell’Honduras, ma illegalmente perché solo il Parlamento avrebbe potuto farlo: il Presidente che prendesse questa iniziativa, in base alla Costituzione sarebbe ipso facto esautorato. E così è accaduto, perché il Capo di stato maggiore si è rifiutato di eseguire l’ordine di Zelaya di organizzare la logistica della consultazione elettorale e il Tribunale supremo di sovrintendere al voto, mentre la Corte suprema ha sentenziato che il referendum è incostituzionale e ha chiesto alle forze armate di fare rispettare la legge. Queste hanno arrestato Zelaya, mentre il Parlamento eleggeva capo provvisorio dello Stato appunto Micheletti.
Tutto questo succede il 28 giugno e nei giorni successivi. Il mondo diplomatico e la stampa internazionale annunciano invece che si è verificato un colpo di Stato e soltanto Israele e Taiwan, a tutt’oggi, hanno riconosciuto il nuovo Presidente dell’Honduras. Fanno eccezione il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa Óscar Rodríguez Maradiaga e i vescovi del Paese che, prima hanno condannato come illegale il tentativo di Zelaya di indire il referendum che gli avrebbe permesso la rielezione cambiando la Costituzione, e poi ne hanno giustificata la deposizione, limitandosi a criticare la deportazione all’estero (anche se forse sarebbe stato trattato peggio in un carcere interno al Paese).
Dietro Zelaya c’è senza dubbio il Presidente del Venezuela Ugo Chávez, l’uomo forte dell’America Latina che è riuscito a costruire un cartello socialista di Paesi, l’Alba (Alleanza Bolivariana delle Americhe) composto da Venezuela, Bolivia, Ecuador, Cuba, Nicaragua, Antigua, Dominica e Honduras). Zelaya infatti era stato eletto Presidente come esponente di un partito moderato, ma successivamente si è spostato sulle posizioni di Chávez ricevendo in cambio petrolio a condizioni di favore, crediti e trattori, e imparando dal suo protettore venezuelano (che in questi giorni è stato ricevuto come una star al Festival del cinema di Venezia, acclamato come icona antioccidentale accanto a Oliver Stone dai comunisti a Forza Nuova) a tentare di piegare le istituzioni rappresentative ai propri fini, per diventare “legalmente” un dittatore a vita, come sta diventando il Presidente venezuelano. Grazie a Dio in Honduras qualcuno si è opposto. Ma bisogna aiutarlo.
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