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« Torna agli articoli di Roberto de Mattei
Tra i tanti successi attribuiti dai mass media a papa Francesco c'è stato lo "storico incontro", avvenuto il 12 febbraio 2016 a L'Avana, con il patriarca di Mosca Kirill. Un avvenimento, fu scritto allora, che avrebbe visto cadere il muro religioso che da mille anni divideva la Chiesa di Roma da quella di Oriente (la Repubblica, 5 febbraio 2016).
Il progetto ecumenico di papa Francesco è però naufragato nella tempesta della guerra in Ucraina, benedetta dallo stesso patriarca Kiril che il 9 maggio è stato uno degli ospiti d'onore alla parata militare sulla Piazza Rossa a Mosca.
Kiril, al secolo Vladimir Michajlovic Gundjaev, sedicesimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, è il capo della Chiesa ortodossa russa, che conta 165 milioni di fedeli sparsi per il mondo. Nato nel 1946 a Leningrado (l'attuale San Pietroburgo), è stato consacrato vescovo nel 1976 ed eletto Patriarca nel 2009. Secondo i documenti desecretati dagli archivi di Mosca, in particolare dall'Archivio Mitrokhin, è stato fin dai primi anni Settanta un agente del KGB. Anche per questa comune esperienza al servizio della Russia sovietica, Kirill è stato definito «il soft power dell'hard power di Putin» (Hufftingon Post, 14 aprile 2022).
In realtà le origini dello stretto rapporto che lega l'altare di Kiril al trono di Putin risalgono all'ideologia stessa dell'Impero bizantino, di cui la Russia si proclama erede. Mentre nella Cristianità occidentale si affermava la distinzione tra l'autorità religiosa e il potere politico, a Costantinopoli nasceva il cosiddetto "cesaropapismo", in cui la Chiesa viene di fatto subordinata all'Imperatore che se ne ritiene il capo, sia nel campo ecclesiastico che in quello secolare. I patriarchi di Costantinopoli erano di fatto ridotti a funzionari dell'Impero bizantino proprio come oggi in Russia è Kiril, non a torto definito da papa Francesco, nella sua intervista al Corriere della Sera del 3 maggio, «il chierichetto di Putin». L'espressione ha suscitato l'ira di Kiril e ha provocato un comunicato del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, secondo cui «è improbabile che tali dichiarazioni possano contribuire all'instaurazione di un dialogo costruttivo tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa russa, che è particolarmente necessario in questo momento».
ANNULLATO IL SECONDO INCONTRO TRA PAPA FRANCESCO E KIRILL
L'unica possibilità per il Patriarcato di Mosca di uscire dall' isolamento in cui oggi si trova in seguito alla guerra in Ucraina, era proprio quella di rilanciare il dialogo con il Vaticano, ma il secondo incontro tra Papa Francesco e Kirill che avrebbe dovuto svolgersi a a Gerusalemme il prossimo 14 giugno è stato annullato dalla Santa Sede.
Il patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo, da parte sua, in un'intervista rilasciata il 2 maggio 2022 al giornale Kathimerini of Cyprus, ha apertamente condannato Kiril con queste parole: «non puoi pretendere di essere fratello di un altro popolo e benedire la guerra condotta dal tuo Stato. (...) Non puoi insistere sul fatto che l'Ucraina ti appartenga ecclesiasticamente, ma lasciare che i fedeli della struttura ecclesiastica sotto Mosca vengano uccisi e le loro chiese distrutte dai bombardamenti russi». Queste critiche sono condivise tra gli stessi fedeli della chiesa ortodossa ucraina dipendente dalla giurisdizione di Mosca. Quattrocento sacerdoti di questa chiesa si sono appellati al Consiglio dei Primati delle Chiese Antiche Orientali per denunciare la dottrina del «mondo russo del patriarca del Kiril, perché essa si discosta dall'insegnamento ortodosso e andrebbe condannata come eresia. Essi chiedono perciò di privare Kiril del diritto del trono patriarcale».
Kiril, peraltro, non era ancora patriarca quando, nel 2002, Vladimir Putin, presidente da due anni della Federazione Russa, iniziava l'espulsione dei missionari cattolici dalla Russia in nome del "mondo russo". Un profondo conoscitore della Russia, padre Stefano Caprio ricorda che l'Ortodossia era già stata elevata al di sopra di tutte le altre confessioni, come "religione di Stato", nella legge sulla libertà religiosa riformata nel 1997, ispirata dal patriarcato di Mosca. «Nel prologo di quella legge - scrive padre Caprio - si proclamava che la religione storica della Russia era appunto l'Ortodossia, mentre si riconoscevano come "tradizionali secondarie" altre quattro religioni: l'islam, l'ebraismo, il buddismo e... il cristianesimo, intendendo evidentemente i cattolici e i protestanti, presenti in Russia da secoli, ma distinti dagli ortodossi come un'altra religione. Non si trattava di un lapsus, e infatti quella dizione non è mai stata corretta: l'Ortodossia russa è in effetti una dimensione spirituale distinta, in cui i dogmi cristiani si mescolano ai residui pagani, molto più che negli altri rami del cristianesimo, e soprattutto si riformulano in ideali nazionali universalistici, che indicano la Russia come "popolo salvifico" per l'umanità intera».
LA PERSECUZIONE DEI CATTOLICI IN RUSSIA
I primi a fare le spese di questa concezione politico-religiosa in Russia sono i cattolici che rimangono per il Patriarcato di Mosca "nemici", di cui si teme il "proselitismo" malgrado essi siano un'infima minoranza all'interno della popolazione. Essi sono accusati di minare l'unità religiosa e politica della Russia, a cui continuamente Putin si richiama. Perciò, osserva padre Caprio, «quando vi fu la rivolta anti-russa del Maidan nel 2014, dagli ambienti patriarcali si puntò il dito sugli uniati (n.d.r.: i greco-cattolici) come i veri ispiratori delle sommosse, addirittura attribuendo loro la paternità spirituale dei gruppi più accesi dell'estrema destra ucraina, i "neo-nazisti" che sono stati indicati da Putin come i nemici del "mondo russo", contro i quali si è resa necessaria l'"operazione speciale militare" difensiva per liberare russi e ucraini dall'influsso occidentale».
L'invasione russa dell'Ucraina ha portato alla luce le contraddizioni della Chiesa ortodossa russa che Kiril oggi rappresenta. L'importanza dell'incontro ecumenico del 2016, secondo papa Francesco, stava nella possibilità di creare un ponte religioso tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, in nome del principio della sinodalità. Però proprio questo principio giustifica la posizione di Kiril, il cui nazionalismo nasce dal carattere autocefalo del patriarcato di Mosca e dalla sua simbiosi con il potere politico. La differenza fondamentale è questa. La Chiesa di Mosca è nazionale, mentre quella di Roma è universale e si chiama "cattolica", proprio perché non si identifica con alcun popolo e cultura, e annunzia il Vangelo a tutte le nazioni fino agli ultimi confini della terra (Atti 1, 8). La Chiesa cattolica romana non conosce limiti di tempo e di spazio ed è destinata a riunire in una sola famiglia tutti i popoli della terra. È l'unico che può rivolgere un appello a una pace che trascenda gli interessi, le ambizioni delle singole nazioni. Il suo centro di unità è il Romano Pontefice, che esercita un pieno potere sulla Chiesa universale. La Chiesa cattolica può tollerare un cattivo Papa, come tanti ce ne sono stati nella storia, ma senza la roccia di Pietro il mondo sprofonderebbe nel caos. E oggi il patriarca Kiril sta malauguratamente appoggiando il caos provocato da Vladimir Putin nel cuore dell'Europa.
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