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« Torna agli articoli di Silvana
Oggi nessun decesso segnalato in Lombardia. La malattia è diventata curabile. Ci sono stati 50 morti in un giorno su una nazione di 60 milioni di abitanti passa, vale a dire meno di un morto per milione. Il governo è terrorizzato: rischia di perdere la motivazione per tenere in pugno nazione. Come ripetuto innumerevoli volte questo virus ha colpito molto anche a causa dei protocolli terapeutici sbagliati, che sbagliati sono rimasti fino a che alcuni medici contravvenendo alle incredibili e ascientifiche raccomandazioni del Ministro della Salute hanno fatto le autopsie necessari a comprendere la patogenesi, e quindi la cura. Ora gli ospedali sono vuoti. Ora le rianimazioni sono vuote. Con antinfiammatori, immunomodulatori, eparina, un po' di chinino che non fa mai male come ai bei vecchi tempi, e il plasma la malattia è perfettamente gestibile. Non c'è nessun senso nel continuare a imbavagliare una nazione, nel costringerla fallire, nell'imbrigliarla in una serie di regolamenti pensati probabilmente da qualche nerd mai vissuto nel mondo vero, che hanno il solo scopo di uccidere di multe ogni tentativo di sopravvivenza.
CONTRO ZINGARETTI
Il dottor Mariano Amici, è ricorso al Tar contro l'ordinanza di Zingaretti che renderà obbligatoria la vaccinazione antiinfluenzale. Zingaretti dopo aver fatto gesti irresponsabili nel momento in cui bisognava chiudere, come l'irresponsabile aperitivo a Milano, sta violando addirittura i principi stabiliti al processo di Norimberga che affermano che impone una cura contro la volontà della persona è un crimine contro l'umanità. Queste le motivazioni del dottor Mariano Amici, la vaccinazione è sbagliata dal punto di vista medico.
L'ordinanza di Zingaretti è rivolta agli over 65, a tutto il personale sanitario e ai bambini da sei mesi a sei anni. In Italia non vengono prese le precauzioni necessarie per le vaccinazioni, senza queste precauzioni la vaccinazione è pericolosa.
La vaccinazione è una pratica che presuppone la capacità di attenuare il vaccino, renderlo meno virulento. Il vaccino serve per fare costruire gli anticorpi. Quando il virus attenuato viene inoculato il virus l'organismo contrae una malattia, spesso in forma asintomatica o paucisintomatica. L'organismo fabbrica anticorpi e si immunizza.
Occorrono 8/12 settimane per sviluppare la difesa. In quelle prime 8/12 settimane non solo il vaccino non mi protegge, ma è più debole perché deve combattere questa nuova malattia attenuata, ma comunque malattia. Occorre fare la quarantena di tre mesi dopo i vaccino, perché potrebbero infettare i pazienti sani. Il virus è in forma attenuata, ma in alcuni casi di rivitalizza, e quindi se lo spando in giro rischio di fare danni.
Se il quel periodo l'organismo è indebolito: se in quel periodo contrae un altro virus, si contrae l'influenza con maggiore virulenza, perché l'organismo è distratto a combattere una battaglia, mentre gliene arriva un altro.
QUANDO IL VACCINO NON SERVE A NIENTE, ANZI PEGGIORA LA SITUAZIONE
Noi inoculiamo il virus della stagione precedente, ma il virus varia da una stagione all'altra, quindi la vaccinazione antiinfluenzale non solo non serve a niente, ma serve a peggiorare le influenze, perché per 3 mesi l'organismo è più debole.
Quando il virus arriva, trova l'organismo distratto a fare una guerra inutile contro un vaccino attenuato che in forma selvaggia non esiste più.
Vaccinando con vaccini fatti con virus dell'anno precedente, mettiamo in campo il virus della stagione precedente che si era tolto dai piedi, e poi l'influenza attacca con maggiore violenza perché l'organismo è distratto a combattere una battaglia inutile.
Uno dei motivi della grandissima perdita di creature umane della Lombardia potrebbe essere proprio il fatto che la Lombardia, avendo una sanità molto efficace, ha vaccinato moltissimo.
Mentre sempre più gruppi di medici chiedono l'abolizione della vaccinazione antiinfluenzale essendo un tipo di vaccinazione dove ormai comincia essere evidente che il rapporto costo benefici è svantaggioso, Zingaretti vuol mettere la vaccinazione obbligatoria.
Di pensione sempre più drammatica e che individui che non hanno nessun idea del concetto di libertà e democrazia stiano affondando le mani nella paura del virus.
Il vaccino costa. Sono soldi che vanno a una casa farmaceutica. Qualcuno ha detto che pensa male fa peccato ma indovina, quindi noi facciamo peccato pensando che siano stati fatti conti sbagliati.
Un'ultima considerazione su Zingaretti. Ci sono uomini il cui fascino aumenta quando ridono. Sono molto pochi e Zingaretti non fa parte del loro numero. Il mio spassionato consiglio a Zingaretti, oltre a quello di trovarsi esperti migliori, è quello di ridere un po' meno. Mentre la nazione naufraga nell'insensatezza che distrugge scuole, socialità ed economie (sorvolo sulla religione, perché dovrei aprire un discorso a parte), il sorriso felice dei capi che hanno la nazione in pugno è ignobile. [...]
Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo seguente dal titolo "Covid: il 41% che non vuole vaccinarsi ha le sue ragioni" spiega, da un punto di vista medico, perché non è vero che il vaccino ci potrà salvare dal Covid-19. Ci sono molti rischi insiti in un vaccino preparato in fretta e furia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 giugno 2020:
Ormai è come un mantra ossessivamente ripetuto: solo il vaccino ci potrà salvare. A nulla valgono le evidenze scientifiche che dicono di una epidemia che sta andando verso la sua estinzione, di una malattia sempre più curabile attraverso i farmaci, di cariche virali non più in grado di contagiare. Niente da fare: il vaccino ha da essere, continuano a dirci. E anzi: c'è chi si preoccupa che l'attesa del suo arrivo non scateni entusiasmi e accoglienze festanti.
Sono stati resi noti i risultati di una ricerca effettuata dall'Università Cattolica, EngageMinds HUB, su un campione di popolazione di 1000 persone (non molto significativo, per la verità, da un punto di vista numerico) che dice che il 41% degli italiani non pensa proprio di vaccinarsi contro il Covid-19, qualora questo vaccino venisse messo in commercio. Questi dati hanno fatto strepitare Repubblica, che ha commentato: "Pensavamo che il mondo aspettasse con ansia il vaccino contro Covid19 e scopriamo che, a quanto pare, mezza Italia al vaccino non ci pensa proprio".
Già: e perché dovrebbe pensarci, visto che il vaccino non è affatto in dirittura d'arrivo, visto che potrebbe anche non essere necessario, se il virus va a scomparire, e infine perché questo 41% magari non è così sprovveduto come qualcuno pensa e si è fatto quattro domande. Ad esempio, come si fa a preparare un vaccino efficace in cinque mesi quando normalmente ci vogliono 5 anni, e spesso nemmeno si riesce a trovare un vaccino per una data malattia, come nel caso dell'HIV o dell'Epatite C? E poi: non è che un vaccino preparato con questa fretta e furia, potrebbe avere degli effetti indesiderati anche gravi? Non sarebbe la prima volta: nel 1976 venne preparato in gran fretta un vaccino contro una possibile influenza suina (che poi non si verificò) e creò moltissimi problemi.
La lettura che è stata fatta dei dati di questo sondaggio è quantomeno faziosa. Il 41% di chi si è detto scarsamente interessato a questa vaccinazione è stato tacciato di scarsa responsabilità. Eppure, dall'analisi dei dati, si tratta della popolazione più attiva, nella fascia di età della maturità. Chi infatti ha risposto di essere interessato alla vaccinazione, sono stati in maggioranza le fasce estreme della popolazione: i ragazzi, ai quali peraltro è stato promesso che se si vaccinano potranno finalmente tornare alle attività sociali precedenti, e gli anziani che sono state le persone più spaventate dai media negli scorsi mesi.
Nel mezzo, una popolazione che forse vuole vederci più chiaro su questa ipotesi di un vaccino. Una richiesta più che legittima, visto che le varie agenzie del farmaco prima di autorizzare l'uso di determinati medicinali contro il Covid chiedono documentazioni, studi, ricerche, prove di efficacia; non si capisce perché invece un vaccino dovrebbe essere accettato a scatola chiusa.
A commento invece dei dati, fatto dalla responsabile della ricerca, la psicologa Guendalina Graffigna, si è letto che "è urgente una campagna contro le fake news". Quali? Si parla di vaccini ipotetici, non ancora pronti, e in merito non esistono fake news, ma richieste di certezze, di prove di efficacia e di non nocività del farmaco. Soprattutto perché il Covid-19 stesso è un virus che non è ancora ben conosciuto. Una delle cose che però ora sappiamo è che è un virus neurotrofico, cioè ha una predilezione per il tessuto nervoso. E' probabile che molti dei danni provocati e che si stanno osservando anche in chi è guarito siano una conseguenza di un'azione nociva sul sistema nervoso. Per fare un vaccino, bisogna utilizzare degli antigeni, che provocano poi la reazione anticorpale. Ma se questi antigeni agissero come il virus? Il vaccino a questo punto potrebbe provocare seri danni al sistema nervoso autonomo. Non per niente accadde così anche per quei vaccini anti-SARS che si sperimentarono dopo l'epidemia del 2003. Fake news? No, realtà scientificamente documentate.
Per tali motivi ci vorrebbe un po' più di rispetto per questo 41% di persone che invece vengono viste come una fascia di popolazione che necessita di "rieducazione". Secondo la dottoressa Graffigna, si tratta anche di un problema di "responsabilità sociale". Ovvero chi ha un approccio definito "più individualista ed egoista" nei confronti della gestione della salute e non ritiene che vaccinarsi sia un atto di responsabilità sociale tende a essere ancora più evitante verso l'ipotesi di un futuro programma vaccinale per Covid-19. Al contrario, decisamente più propensi sono coloro che ritengono che i loro comportamenti abbiano un valore importante per la salute collettiva. Questi dati insomma sarebbero un campanello d'allarme di cui tenere conto per poi intervenire su questi riottosi, individualisti, privi di coscienza collettiva. Dobbiamo aspettarci allora campagne di rieducazione, previa adeguata colpevolizzazione dei riottosi. Uno scenario sempre più da Grande Fratello.
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