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C’è un fraintendimento che sta prendendo piede nella pubblicistica nazionale – non nuovo per la verità, ma oggi particolarmente insistente – quello per il quale il problema dei tagli alla scuola paritaria sarebbe una questione che riguarda – faccia a faccia – la politica e i vescovi italiani. Il problema, in realtà, è ben altro, e concerne il rapporto tra lo Stato e una fetta consistente di suoi cittadini. In particolare, tutti quelli che nelle località in cui vivono si trovano a usufruire dell’unica offerta di scuola primaria là esistente, organizzata dal solo ente che finora si è fatto carico del problema formativo dell’infanzia, ossia la parrocchia. Il falso dualismo politica-vescovi, di cui dicevamo, che cosa induce a pensare? Che i vescovi chiedano per sé risorse che lo Stato deve riservare invece all’istruzione statale. Una rappresentazione del tutto falsa e fuorviante. Eppure il fatto che non poche diocesi e anche strutture della Cei si siano fatte carico di una sorta di «gratuito patrocinio morale» a sostegno delle crescenti preoccupazioni di tanti cittadini in difficoltà, è stato oggetto di questa deliberata distorsione. Così, più di qualcuno ha preso a gridare all’«ultimatum dei vescovi» per «ottenere più soldi». E l’intera vicenda è stata persino raccontata come l’evento di un giorno, consumatosi nel giro di pochi minuti, in un incredibile e insopportabile botta e risposta tra una Chiesa che batte cassa e uno Stato che risponde concedendo privilegi.
La realtà, che tanti cittadini semplici conoscono assai bene, è invece sotto gli occhi di chiunque vuol vedere e capire davvero. Quello che da settimane, e ancora oggi, si alza è il drammatico allarme dei gestori delle tante scuole paritarie. I tagli, lo ripetiamo, colpiscono servizi al territorio e alla gente. E i «soldi» vanno (o non vanno) direttamente ed esclusivamente a strutture di servizio rivolte ai cittadini, non alla Chiesa.
Qualche numero può essere utile a mettere a fuoco la questione. Le scuole paritarie servono circa la metà di tutti gli allievi della scuola dell’infanzia e, in totale, 1 milione e 72 mila bambini e ragazzi. Eppure, è proprio su questa realtà e non su altre – checché si vada dicendo e sia stato gridato in più di una piazza – che si è abbattuta per prima la scure dei tagli scolastici. Tagli da 133,4 milioni di euro annunciati nel 2009, tagli da 140 milioni – a tutt’oggi – effettuati senza annuncio per il 2008.
Qualcuno ancora non ci crede? Possiamo capirlo. Il coro dei contestatori ufficiali (e massmediaticamente coccolati) ha finito per sovrastare ogni altra voce e ha reso quasi impercettibile il disperato grido dei responsabili di scuole sparse per tutta la Penisola e dei genitori dei ragazzi che le frequentano. Un’'onda' minore e snobbata. Che non ha certo protestato – e come avrebbe potuto? – per gli oltre 900 milioni in più che la scuola statale riceverà nel 2009 (chi non crede neanche a questo vada a controllare le tabelle allegate alla Finanziaria per il prossimo anno). Che per settimane non ha fatto risuonare invettive, ma invocato attenzione e un provvidenziale ripensamento per scongiurare la chiusura di migliaia di scuole. Lo ha chiesto e richiesto. Ricordando che se le paritarie fossero spazzate via, lo Stato dovrebbe investire almeno 6 miliardi di euro all’anno in più per l’istruzione. E facendo notare che le scuole paritarie non nuotano affatto nell’oro. In tutto, la scuola pubblica costerà nell’anno solare che si sta per concludere un po’ più di 58 miliardi di euro: 57 miliardi e 571 milioni sono infatti destinati alla scuola statale, appena 540 milioni alla paritaria non statale, cioè solo lo 0,9% del totale anche se a frequentarla è il 12% dell’intera popolazione scolastica.
Questi sono i veri termini della questione. È quella modesta dote – 540 milioni per più di un milione di ragazzi – che si voleva rendere ancora più esigua. Ed è a questo disastro annunciato che, almeno in parte, il governo si appresta – speriamo – a porre rimedio. Dovrebbe essere una buona notizia per tutti. Certo lo è per centinaia di migliaia di famiglie.
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