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Il dr. Renzo Puccetti analizza uno studio presentato al congresso nazionale dei ginecologi
Le parole con cui Papa Benedetto XVI si è rivolto ai partecipanti del convegno internazionale dedicato ai quarant’anni dell’enciclica di Papa Paolo VI, Humanae Vitae, hanno suscitato numerose reazioni.
Il Santo Padre, ribadendo la posizione della Chiesa sul bene costituito dall’amore sponsale, un bene da promuovere anche proteggendolo da quella cultura contraccettiva così presente nel processo di riduzione di esso a puro soddisfacimento, aveva incoraggiato alla ricerca nel campo dei metodi naturali di controllo della fertilità, rispettosi delle autentiche dimensioni costitutive dell’unione sponsale, quella unitiva e quella procreativa.
I vertici della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) riuniti a Torino per il loro congresso nazionale, hanno risposto indirettamente al Papa, sostenendo che esiste la possibilità di ricorrere ai metodi naturali, ma che i metodi contraccettivi sono di maggiore efficacia.
Ecco l'intervista al dr. Renzo Puccetti, membro del gruppo di lavoro della European Medical Association, autore del libro “L’uomo indesiderato. Dalla pillola di Pincus alla Ru 486”, che, assieme ad altri specialisti, ha presentato al congresso ginecologico di Torino uno studio sulla pillola del giorno dopo.
Quali sono i risultati principali del vostro studio?
Puccetti: Abbiamo realizzato un modello interpretativo in grado di spiegare quanto sappiamo da tempo, cioè che i risultati attesi dalla diffusione di quella che è più conosciuta come pillola del giorno dopo sono nel loro complesso fallimentari nel ridurre a livello di popolazione le gravidanze indesiderate e gli aborti. Abbiamo mostrato mediante analisi quantitative che volendo negare il possibile impedimento dell’impianto dell’embrione realizzato dal farmaco, si deve ammettere una sua efficacia reale significativamente inferiore rispetto a quanto comunemente creduto. Secondo i nostri calcoli inoltre la dilazione dell’assunzione del farmaco ha complessivamente un impatto scarsissimo, numerosi studi non hanno infatti evidenziato alcuna correlazione tra efficacia e tempi di assunzione. La supposta urgenza prescrittiva è quindi nella pratica un’istanza fondata su dati complessivamente di scarso rilievo. Nessun significativo incremento di efficacia è da aspettarsi dalla vendita del farmaco come prodotto da banco, così come nessun miglioramento è stato dimostrato dalla distribuzione alle donne di scorte da usare in caso di necessità.
L’associazione dei ginecologi italiani ha avviato da alcuni mesi una campagna di sensibilizzazione all’uso dei contraccettivi, rivolgendosi in particolare ai giovani, sostenendo che questo è il modo migliore per prevenire le gravidanze indesiderate e gli aborti. E' d’accordo?
Puccetti: Fortunatamente non tutti i ginecologi sono dello stesso avviso. È comunque vero che quello che lei riporta è il riflesso di un atteggiamento diffuso che si può riassumere nello slogan: più contraccezione, meno aborti. I fatti dimostrano però che si tratta di uno slogan falso. Ad oltre 40 anni dalla introduzione della pillola anticoncezionale il numero di aborti è andato crescendo in maniera paurosa, spesso in misura maggiore proprio nei paesi dove si è diffusa maggiormente la cultura contraccettiva. Sta per essere pubblicato un nostro studio in cui, numeri alla mano, si dimostra in maniera assai solida il fallimento della strategia contraccettiva. Si tratta di una realtà di cui, seppure timidamente, anche nel mondo scientifico si sta lentamente prendendo coscienza, come attesta il crescente apparire di studi a sostegno. L’affermazione che bisogna puntare sulla contraccezione per ridurre le gravidanze indesiderate e gli aborti riflette come minimo una scarsa conoscenza dei dati della letteratura medica, anche se è possibile che talora sia espressione di un certo oscurantismo ideologico.
Perché secondo lei si hanno queste resistenze?
Puccetti: Non voglio pensare ad interessi di tipo economico. Penso piuttosto che molti commettano un grave errore di impostazione.
Quale?
Puccetti: Quello di ridurre l’essere umano alla sua sola dimensione biologica, accettando così l’idea che la sessualità umana si identifichi con la sola dimensione genitale. Questa posizione ha attivato una fallimentare rincorsa tecnologica volta ad assicurare la possibilità di un sesso libero, dimenticando che la libertà è veramente tale quando si svolge nella sua dimensione di responsabilità.
Perché fallimentare?
Puccetti: Perché sono le persone, le donne in testa, a ribellarsi a questa prospettiva. È stato provato di tutto, la ricerca di prodotti teoricamente più tollerati, più facili da assumere e somministrare non ha sortito alcun effetto. Le donne sono restie a soggiacere per lungo tempo alla dittatura farmacologica tesa ad atrofizzare la loro potenziale fertilità. Lo confermano due vasti studi appena pubblicati. Dopo soli tre mesi quasi la metà delle donne non rinnova la prescrizione contraccettiva, ad un anno la percentuale scende fino al 15%. Nessun effetto da formulazioni ormonali teoricamente meglio tollerate. Una grande percentuale di aborti si verifica in donne che durante il mese del concepimento stavano facendo uso della contraccezione. Quando la contraccezione viene sospesa o viene cambiato il metodo anticoncezionale le persone non cambiano le abitudini sessuali, plasmate sul comportamento contraccettivo assunto in precedenza. Questi sono solo alcuni fattori che contribuiscono a rendere inappropriata l’opzione di regolare la natura. Viceversa credo vi siano grandi possibilità se ci si decide ad investire risorse finanziarie ed intellettuali nel campo del regolarsi sulla natura.
Per concludere, che cosa suggerisce?
Puccetti: Bisogna smettere di procedere in modo ideologico, ci si deve aprire alla realtà, comprenderla, non lasciarsi tentare da scorciatoie che portano solo guai, passare, come dice il professor Noia,“dalla informazione alla conoscenza”.
Il nobel per la medicina Alexis Carrel una volta affermò che “molto ragionamento e poca osservazione conducono all’errore, poco ragionamento e molta osservazione portano invece alla verità”. Lascio lei immaginare quale possa essere il risultato se si osserva poco e si ragiona male
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