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La Santa Sede costretta a intervenire sul caso Orlandi dopo le tardive e dubbie dichiarazioni di testimoni non attendibili.
Padre Lombardi: «Contro monsignor Marcinkus accuse senza fondamento».Tra le incongruenze emerse nel racconto della compagna del boss della Magliana, vi è quella sulla residenza del presule: era in via della Nocetta e non in via di Porta Angelica.
Accuse «infamanti» e «senza fondamento» quelle riemerse in queste ultime ore contro monsignor Paul Marcinkus, «morto da tempo e impossibilitato a difendersi » . E, per di più, rilanciate secondo « modi di informazione» che appaiono «più debitori al sensazionalismo che alle esigenze della serietà e dell’etica professionale». Parole secche, e inequivocabili, quelle di padre Federico Lombardi.
Con le quali, nella tarda mattinata di ieri, il direttore della Sala Stampa vaticana ha commentato la vicenda che, sulla scorta delle recenti dichiarazioni di una 'supertestimone', ampiamente riprese dai giornali e dall’ultima puntata di Chi l’ha visto andata in onda lunedì sera, identifica nello scomparso presidente dello Ior addirittura il ' mandante' dell’omicidio di Emanuela Orlandi, il quale sarebbe stato materialmente compiuto da elementi della ' Banda della Magliana'.
Lombardi, nell’esprimere solidarietà alla famiglia Orlandi, non può far a meno di rilevare il «valore estremamente dubbio» della nuova testimonianza, pur ribadendo che «non si vuole in alcun modo interferire con i compiti della magistratura nella sua doverosa verifica rigorosa di fatti e responsabilità». Dubbi in effetti sottolineati, anche se con evidenza diversa, da tutti i media che hanno riportato questa storia, ma senza tuttavia impedire – come successo nel corso della puntata di Chi l’ha visto? – che sulla base delle nuove presunte 'rivelazioni' venissero ascoltate chiose del tipo '...questa è la prova provata dei rapporti della Banda della Magliana con una parte del clero romano', o anche '... (si ritorna alla) pista interna vaticana, che portava direttamente a Marcinkus o comunque a un alto prelato vaticano'.
Le incongruenze, nelle dichiarazioni della cosiddetta supertestimone (già amante non pentita di uno dei boss della famigerata banda, Enrico ' Renatino' De Pedis) sono diverse. La più macroscopica è quella che accosterebbe l’occultamente del cadavere di Emanuela Orlandi a quello di Domenico Nicitra, il bambino di 11 anni, figlio di uno degli imputati al processo per i delitti commessi dalla banda romana. Fatti però separati da ben dieci anni: Emanuela scompare nel 1983, il piccolo Domenico nel 1993. Ma ve ne sono altre, affatto secondarie, che certamente i magistrati staranno già valutando. A cominciare dal fatto che la stessa testimone parla delle sue visite («...in totale quattro o cinque volte, tre-quattro volte») all’abitazione di Marcinkus «in via di Porta Angelica», mentre il presule abitava in via della Nocetta ( al numero 62); e che all’epoca del rapimento della quindicenne Orlandi, avvenuto il 22 giugno, il presule americano era stato di fatto già estromesso dalla gestione dell’Istituto per le Opere di Religione ( anche se tutte le cariche, compresa la sua, sarebbero rimaste ' congelate' fino alla riforma del 1989), in quanto dal dicembre precedente era al lavoro la Commissione mista italiano-vaticana incaricata di accertare il reale coinvolgimento dello Ior nel crack del Banco Ambrosiano. Ossia si trovava in una condizione in cui 'ordinare' il sequestro della ragazza a fine di ricatto sarebbe stata, se non altro, una cosa del tutto priva di senso, non avendo più Marcinkus alcun controllo sulla situazione.
Altra storia riesumata a sproposito nell’occasione, tanto per rafforzare l’idea dei 'legami forti' di De Pedis con gli ' ambienti ecclesiastici', è quella della sepoltura nella chiesa di Sant’Apollinare dell’esponente della Banda della Magliana. Una vicenda che già nel 2005 Chi l’ha visto?, sulla base di una telefonata anonima aveva collegato alla sparizione di Emanuela Orlandi, e puntualmente riproposta nella puntata di lunedì sera: un invito ad approfondire il «...favore che Renatino fece al cardinal Poletti» , diceva la voce al telefono. «Quale favore? – chiosava lunedì la conduttrice – Questo è più complicato...». Un sospetto gettato lì, e lasciato senza risposta per tutta la puntata. Soprattutto, accennando solo in modo sfuggevole a fine puntata a quanto dichiarato ufficialmente il 3 ottobre del 2005 dagli «attuali responsabili del Vicariato » . « Pur comprendendo che tale sepoltura possa sollevare notevoli perplessità – recitava quel comunicato – (i responsabili attuali) devono precisare di essere venuti a conoscenza di essa solamente dopo la norte del Card. Ugo Poletti (cardinale vicario all’epoca dei fatti, ndr), che l’autorizzò, e di non possedere altre informazioni merito...». E lo stesso comunicato concludeva affermando chiaramente che, mentre «appare infondato qualsiasi collegamento tra la scomparsa di Emanuela Orlandi, che ha avuto luogo il 22 giugno del 1983, e la sepoltura di Enrico De Pedis in S. Apollinare, avvenuta oltre sei anni dopo », lo stesso Vicariato «comunque per parte sua non si oppone a eventuali accertamenti in merito». Accertamenti fino a questo momento mai richiesti dalla magistratura.
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