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Caro direttore,
permettimi di intervenire sul caso dei Francescani dell'Immacolata, la congregazione commissariata il cui caso ha sollevato tante polemiche, perché è intervenuto un fatto nuovo che mi spinge a intervenire, per dovere di verità: la nomina di padre Alfonso Bruno a Segretario generale dell'Ordine, decisa dal Commissario padre Fidenzio Volpi.
All'indomani del commissariamento dei Francescani dell'Immacolata, scrissi su Il Foglio alcune note, in cui sostenevo che quanto accaduto aveva a che fare con forti tensioni interne (delle quali, pensavo, hanno poi approfittato avversari esterni). Allora come oggi sapevo, poi, che in ogni famiglia ci sono "normali" contrasti, e che poi ognuno tende a dare alle sue rivendicazioni, più o meno giuste, più o meno "umane", una dignità teorica che magari non hanno.
Scrivevo: "Negli ultimi anni, infatti, padre Stefano Manelli, superiore della congregazione, aveva abbracciato con entusiasmo alcune posizioni di Benedetto XVI, dall'invito ad una considerazione più problematica e meno retorica del Concilio alla valorizzazione, accanto al rito di Paolo VI, di quello di san Pio V. Questo aveva creato contrasti più o meno espliciti con l'ala progressista della Chiesa, ma anche all'interno della Congregazione stessa. Come spesso accade, infatti, alcuni dei "vecchi" avevano avversato queste posizioni, ritenendole incomprensibili. Di qui una vera e propria guerra intestina, di cui sono stato, mio malgrado, testimone. Arrivando a vedere, con i miei occhi, che persone che facevano la guerra al fondatore, in modo subdolo e vigliacco, erano da lui protette e confermate, anche in incarichi di prestigio, non per ignoranza dei fatti, ma con una speranza: sconfiggere l'astio, la menzogna, con la bontà di un padre".
E concludevo: "Quanto al tradimento, stupirsi? "Non ricordi – mi diceva recentemente un uomo della curia-, che dei benedettini cercarono di avvelenare Benedetto? E che analogo tradimento subì, oltre a Gesù, lo stesso san Francesco?". E' vero, e del resto san Francesco diceva ai suoi frati che la perfetta letizia sta nel sopportare, senza odio e asprezza, l'ingratitudine e la malvagità di coloro che si sono beneficati".
Richiesto da vari amici su cosa ritenevo fosse successo, dopo aver sentito svariate fonti e fatto riferimento alle mie esperienze, dissi a numerose persone che il "traditore" o l'accusatore principale che dir si voglia, aveva un nome e un cognome, a mio avviso, molto preciso: padre Alfonso Bruno. Cioè non un frate qualsiasi, ma l'Assistente Generale per l'Apostolato, Assistente generale M.I.M, Assistente Generale per le missioni, Assistente Generale per i mass-media, incaricato generale per le case mariane in Africa, Kazakistan, Brasile e Argentina.... Se ad accusare padre Stefano Manelli fosse stato qualche frate "qualsiasi", argomentavo, forse non sarebbe successo nulla. Ma qui l'accusa proveniva, o meglio veniva veicolata e resa forte, incisiva, da uno dei francescani più in vista, con più relazioni importanti, da quello che più di tutti ha, in fin dei conti, contatti con la Curia romana.
Perché questa mia convinzione così radicata? Sia per il modo di agire, subito dopo il commissariamento, del padre Bruno (per esempio assai lesto a dichiarare che "più dell'80% dei frati apprezza l'intervento della Chiesa", cioè il commissariamento; vedi Catholic News Agency, 30 luglio); sia per una serie di testimonianze credibili ricevute e messe in fila; sia perché come ho scritto, avevo visto con i miei occhi il modo di agire di quel frate. In occasione della Marcia nazionale per la vita del 2012, infatti, i Francescani avevano dato il loro appoggio ufficiale all'evento. Poi dei fedeli mi avevano scritto: "Padre Alfonso Bruno ci ha detto di non venire, perché è un evento con fini politici". Strabiliato per questa affermazione, avevo scritto proprio al padre Bruno, che con mille esclamazioni di stupore mi aveva assicurato: per carità, mai detto, io sono un fan della marcia, oggi stesso metterò sul sito la nostra adesione... La lode si estendeva per varie righe...
Sbalordito per questo modo di fare, evidentemente subdolo e artificioso, scrissi ad alcuni frati, chiedendo come fosse possibile un simile stile. Fu aperto un piccolo processo interno, spedii le mail ricevute, si fece un controllo incrociato (pericoloso dire a uno una cosa e all'altro un'altra, visto che le mail rimangono...) e alla fine la risposta fu: "Ci e ti ha ingannato, ma vogliamo far finta di nulla, speriamo cambi...". La vicenda non finì qui: ebbi modo di vedere successivamente che padre Alfonso si era iscritto al Lifeday promosso da un europarlamentare (a proposito di politica), ed alternativo alla marcia, e aveva invitato di conseguenza frati e suore della Congregazione (molti dei quali già pronti a recarsi, al contrario, alla marcia): venite qui, e non là, perché ci sarò io a parlare... indovinate di chi? Padre Bruno spiegò che avrebbe così fatto conoscere a tanta gente (che poi non arrivò) una coppia santa... quella dei genitori di padre Stefano Manelli, l'accusato principale di qualche giorno dopo! Così tra l'altro Padre Bruno in quella circostanza: "...i Francescani dell'Immacolata presentano il modello dei coniugi Settimio e Licia Manelli, scomparsi da pochi decenni e dei quali è in corso il processo di beatificazione introdotto dal Vicariato di Roma. Coppia feconda di 21 figli, guidata spiritualmente da San padre Pio da Pietralcina e da cui nacque il fondatore dei Francescani dell'Immacolata, padre Stefanio Maria Manelli, sono esempio di accoglienza e apertura alla vita, in epoca di pieno inverno demografico in Italia..." (Zenit, 20 maggio, 2012). Mentre si incensavano i genitori del fondatore dell'ordine, lo si ingannava riguardo alla marcia (lo stesso Manelli dubitò per qualche giorno, e credette, che vi fossero dietro, davvero, manovre di politicanti; sino ad un chiarimento) e forse si preparava già l'accusa futura.
Fatto sta che il 31 agosto di quest'anno, il sottoscritto, angustiato per altre menzogne lette sui media (per esempio che padre Manelli avesse imposto a tutti il rito straordinario, cosa falsissima), ha scritto una mail in Vaticano, e per conoscenza, ad un cardinale. Nella mail, che conservo, ricordavo quanto detto sopra, e aggiungevo: "Ho poi assistito al commissariamento dei Francescani dell'Immacolata, e all'accusa, che viene dai dissidenti (con la regia, questa è la mia impressione, proprio di padre Bruno, Assistente generale per l'apostolato ecc.), secondo cui padre Manelli avrebbe imposto a tutti il vecchio rito (ecc.): testimonio anche qui che si tratta di una menzogna...".
Sbagliavo? Potrebbe darsi. Benché gli elementi di giudizio, oltre a quelli citati, fossero anche altri. Certo oggi vedere che padre Alfonso è lì, al posto di comando, mi rafforza nella ipotesi originaria. Possibile, però, mi dico, che il più autorevole degli accusatori del fondatore, da lui sempre lasciato in posti di responsabilità, venga addirittura promosso così platealmente? Il commissario padre Volpi non si rende conto che così facendo si inaspriscono le tensioni interne e si sposa apertamente una fazione dissidente, ma minoritaria? Dividendo ancora di più una famiglia religiosa, anche con le sue, "naturali", problematiche intestine? Oppure è accaduto che il commissario, in buona fede, ha identificato in padre Bruno un intermediario, come quest'ultimo amava presentarsi a qualcuno per accreditarsi?
Quanto a padre Bruno, fossi stato l'accusatore del mio fondatore, ritenendomi nel giusto, avrei però certamente declinato ogni invito a succedergli. Avrei pensato: "Come si potrà credere alla mia buona fede? Alla buona fede delle mie dichiarazioni pubbliche (postume al commissariamento e assai indicative del prima) sul malessere dei frati rispetto a padre Stefano, se la prima cosa che faccio è passare all'incasso?". Questione di stile, certo... ma lo stile è l'uomo..
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