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Pierre: «La violenza non è un problema morale, è semplicemente la vita, il mondo in cui siamo capitati». Mattia: «Abbiamo spaccato un po' di robe, così... Più che altro ero esaltato... è stata una bella esperienza, rifarei tutto». L'affermazione di Pierre (nome di fantasia), intervistato da un giornalista italiano, è successiva ai famigerati fatti di Genova (20-21 luglio 2001), quando il capoluogo ligure venne messo a ferro e fuoco da bande di ragazzi incappucciati e armati provenienti da mezza Europa. Pierre, francese, trentenne, senza lavoro fisso, ammetteva di star bene in qualunque gruppo: «anarchici, situazionisti, insurrezionalisti, comunisti, ovunque ci siano persone pronte a rivoltarsi contro il capitalismo, il potere, la proprietà». Bastava usar la violenza. Mattia (nome vero), interpellato da un'emittente Tv dopo i fatti di Milano (il centro selvaggiamente devastato il 1° maggio 2015, giorno d'inaugurazione dell'Expo), si è limitato a mostrarsi entusiasta per il «bordello», senza alcuna analisi politica; ci ha pensato suo padre a dire che «non è uno sbandato, ma semplicemente un p...». La violenza come gioco, passatempo. Pierre era un militante Black Bloc (con un distinguo sul nome, che vedremo), Mattia si potrebbe definire invece un simpatizzante, che s'è poi scusato quanto aveva farfugliato. La violenza come comun denominatore: manifestata esplicitamente con un giudizio e ritenuta un mezzo estremo da un'agguerrita minoranza nel 2002; vissuta come una dimensione del vivere quotidiano, senza neanche farci su una minima riflessione, da un numero crescente di giovani nel 2015. In 13 anni la violenza è diventata di casa. Al punto che le stesse forze dell'ordine sembra abbiano rinunciato a contrastarla efficacemente e ad arrestare i responsabili dei disordini, com'è accaduto a Milano, limitandosi a contenere i danni e ad evitare che ci fossero vittime.
NASCONO IN GERMANIA NEGLI ANNI OTTANTA
Il termine "Biack Bloc" nasce dall'unione delle parole inglesi bloc (indica una massa compatta di persone, e black (indica il colore nero, in questo caso "vestite di nero"). Quindi in italiano Blocco Nero (ma si usa poco) e in tedesco Schwarzer Block. Proprio in Germania, nei primi anni Ottanta, compare il termine Schwarzer Block. Utilizzato dalla polizia tedesca per identificare gli Autonomen (simili agli italiani Autonomi, area della sinistra extraparlamentare, ma con una precisa scelta di tattica violenta), i quali, durante i cortei anti-nucleare e a favore dei terroristi della Rote Armee Fraktion, solitamente indossavano abiti e maschere nere. Il nome viene poi ripreso negli Stati Uniti alle manifestazioni contro il Pentagono (1988) e contro la prima guerra del Golfo (1991), diventando Black Bloc. Altre apparizioni significative a Seattle (30 novembre - 4 dicembre 1999), contro la Conferenza ministeriale del WTO, a Praga (26-28 settembre 1999), messa sotto assedio durante la riunione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, ecc. Il termine Black Bloc in Italia diventa conosciuto e familiare per i fatti del G8 di Genova dell'estate 2001. Il 15 ottobre dello stesso anno in 500 provocano scontri durante il corteo di Roma degli Indignados (movimento di protesta sociale contro le misure di austerità nato in Spagna).
La precisazione di Pierre: «In realtà Black Bloc sono solo gli americani e i tedeschi», spiegava nell'intervista citata. «Si chiamano così per il modo in cui stanno in piazza, uniti in blocchi compatti e vestiti di scuro. Ma così si può resistere solo in quei Paesi dove gli sbirri non usano i lacrimogeni. Noi dobbiamo muoverci a piccoli gruppi e velocemente. Come a Genova, appunto». E la stessa cosa è successa a Milano. Ma chi sono costoro? Che si chiamino Black Bloc o in altro modo (frange estreme della galassia anarchica e antagonista, autonomi insurrezionalisti, radicali duri e puri, luddisti anti globalizzazione), ciò che li unifica è la scelta dell'azione come forza distruttiva fine a se stessa e il rifiuto di ogni rapporto con le istituzioni della società contemporanea, compresi i partiti e i sindacati di sinistra.
ANCHE I CENTRI SOCIALI PRENDONO LE DISTANZE
«Ciò che ha sorpreso negli scontri di piazza per l'inaugurazione dell'Expo, è che hanno preso con forza le distanze da questi gruppi ultraviolenti sia i partiti di governo e di opposizione, e questo è ovvio, sia i movimenti No Expo, i tradizionali Centri sociali e altri gruppi antagonisti», precisa Aldo Giannuli, storico, attento osservatore dei fenomeni emergenti nella società contemporanea e docente alla Statale di Milano. «La presa di distanza non è dettata dal fatto che chi condanna i Black Bloc rifiuta la violenza, perché in effetti tali movimenti quando serve non disdegnano i metodi violenti, ma la differenza è che la violenza non è più legata a un progetto politico, a un ideale rivoluzionario o comunque di cambiamento, ma è violenza fine a se stessa», aggiunge Giannuli. «Improprio quindi attribuire loro un'etichetta anarchica, o anche nichilista, perché l'anarchismo e il nichilismo sono correnti di pensiero dove è presente un sia pur minimo progetto politico: qui invece c'è l'assoluta assenza di pensiero. Prevale l'azione per l'azione, la bellezza dell'azione violenta e distruttiva, come in certe ideologie dei XX secolo, forse più di destra che di sinistra; si pensi alle visioni dannunziane e simili». In effetti, a Milano non sono state solo distrutte le vetrine delle banche - simbolo del potere capitalista e finanziario - ma sono stati devastati anche negozi, bar, case private. Il puro piacere del distruggere.
Chi c'è dietro i Black Bloc? Chi li sostiene, li finanzia, li organizza, li muove? «Inutili le dietrologie», dice Giannuli. «C'è chi fa il nome come manovratori occulti di importanti finanzieri, che si muovono con disinvoltura sulla scena mondiale, ma non credo sia vero. Dobbiamo accettare che sia un fenomeno autonomo, spontaneo. I Black Bloc, il loro nome indica solo una modalità di disposizione sul campo, in piazza, non solo non hanno una precisa ideologia, ma non sono un gruppo né un'organizzazione e non hanno sedi, né in Italia, né all'estero, o giornali che li rappresentino. Esistono invece persone che - in particolari occasioni, manifestazioni e cortei - si aggregano momentaneamente, quel tanto che basta a commettere un'azione violenta». Li mette insieme una sorta di passa parola, quasi andassero a un rave party a un concerto. Il veterano Pierre ammette: «Io e i miei amici ci siamo uniti a tanti compagni francesi, italiani, spagnoli, tedeschi, che già conoscevamo o incontrati sul momento. Si sentiva che a Genova sarebbe successo qualcosa di grosso, era un tam tam». A Milano non c'è stato nemmeno bisogno di questo. Tanti scesi in piazza sono rimasti affascinati dalla violenza pura e si sono uniti al saccheggio. Qualcuno anche con il Rolex al braccio (vero falso che fosse). Il premier Matteo Renzi li ha definiti «teppisti figli di papà». L'opinionista Beppe Severgnini «idioti neri». Altri hanno tirato in ballo i genitori, per un deficit di educazione. Ma non è sufficiente a spiegare il fenomeno.
CONTRO OGNI NORMA, UNA VITA SENZA SIGNIFICATO
Ancora Giannuli: «Se proprio vogliamo individuare una nota che li caratterizza, è che non hanno alcuna strategia. Potremmo definirli "anomici", perché rifiutano ogni norma». Significa che non sono tanto contro lo Stato, o il capitalismo, o la grande finanza, i padroni del mondo, il che implicherebbe un progetto politico alternativo, che non c'è. Ma sono contro le norme, qualsiasi norma. Contro i poliziotti che vogliono fermare le loro azioni di guerriglia urbana, ma anche contro chi, come i Centri sociali, pretende di stabilire le regole per manifestare. Secondo i Black Bloc e l'area che simpatizza con loro, invece, si scende in piazza e si sfascia tutto, tutto quello che capita a tiro, senza distinzione. Evitando lo scontro diretto con le forze dell'ordine, se non si è in grado di contrastarle, e dileguandosi senza lasciare traccia (i caschi, i cappucci e i bastoni lasciati a terra), fino alla prossima occasione. Assetati di voglia di distruzione.
I manifestanti di Genova del 2002 non si facevano alcuna illusione sulla democrazia; i manifestanti di Milano del 2015 (e quelli che verranno) non si fanno alcuna illusione sulla realtà così com'è. Ma non sanno neppure come cambiarla. Il loro motto NO FUTURE (nessun futuro) li lascia inchiodati a un presente senza significato e a una vita priva di qualsiasi orizzonte, senso, fondamento. Ma non è forse così anche la società che vogliono distruggere, che non offre loro più nulla di solido in cui credere?
Nota di BastaBugie: ecco il video (di cui si parla nell'articolo con Mattia) che si è limitato a mostrarsi entusiasta per il «bordello», senza alcuna analisi politica
https://www.youtube.com/watch?v=wYozZNd8g0o
Ecco una parodia del ragazzo entusiasta per il «bordello» (attenzione: ci sono parolacce)
https://www.youtube.com/watch?v=ZK8BFZFmhcA
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