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Tabitha, giovane cristiana pakistana di 6 anni, è stata aggredita mentre rientrava da scuola da un un giovane musulmano di 18 anni, Muhammad Waqas, trascinata in casa, spogliata e stuprata. Il crimine è avvenuto a Lahore un anno fa, il 12 settembre, e non solo giustizia non è stata fatta, ma la famiglia della bambina è costretta a scappare per le minacce della comunità islamica locale.
Dopo aver trovato la figlia con i vestiti strappati fuori dalla casa di Waqas (molti testimoni avevano visto il giovane trascinare la bambina), il padre di Tabitha, Munir Balli Masih, denunciò il ragazzo musulmano alla polizia, che lo arrestò il giorno stesso. Portata in ospedale, una perizia medica confermò lo stupro e l'autore della violenza.
La famiglia di Waqas propose subito ai cristiani di accettare un risarcimento in denaro e di ritirare la denuncia, ottenendo però da Masih un rifiuto. Il 4 febbraio una prima richiesta di rilascio su cauzione del musulmano è stata respinta dai giudici.
Successivamente, però, le pressioni e le minacce della comunità musulmana alla famiglia cristiana si sono fatte insistenti:
«Due imam delle moschee locali sono venuti a casa mia e mi hanno chiesto di ritirare la denuncia», spiega Masih alla British Pakistani Christian Association. «Mi hanno detto: "Se non lo farai, bruceremo la tua casa e porteremo via le tue altre figlie". Io per la paura sono scappato subito con mia moglie e le mie bambine in un villaggio vicino da alcuni familiari».
Ma anche lì fu rintracciato dai Waqas, che si appellò ad alcune potenti famiglie locali per far desistere Masih. «Hanno invitato me e mia moglie a casa di un influente musulmano. Lui e gli altri sedevano su poltrone e divani, noi abbiamo dovuto sederci per terra. Ci chiamavano "Churas", sporchi cristiani, e insistevano perché prendessimo i soldi e ce ne andassimo per sempre».
Masih rifiutò di nuovo 60 mila rupie (300 euro) e tornò a casa sua, non sentendosi più al sicuro nell'abitazione dei familiari. Poche settimane fa, l'8 settembre, Muhammad Waqas è stato liberato su cauzione in attesa dell'inizio del processo, gettando nello sconforto la famiglia della piccola Tabitha, che alla Bpca dichiara: «Ho paura a tornare a scuola, ho paura che mi picchi e mi trascini a casa sua di nuovo».
Tabitha non è la sola cristiana ad aver subito violenze e ingiustizie. Ogni anno 2.000 ragazze circa appartenenti a minoranze religiose vengono rapite e maltrattate, spesso convertite a forza all'islam e obbligate a sposarsi. Tra i casi più recenti, hanno fatto enorme scalpore quelli di Maira Shahbaz e Huma Younas, entrambe quattordicenni.
Nota di BastaBugie: il precedente articolo si concludeva ricordando il caso di Maira Shahbaz. Nell'articolo seguente dal titolo "Maira, rapita da un musulmano e violentata, è scappata" se ne racconta la drammatica storia.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 26 agosto 2020:
Mohamad Nakash, l'uomo che secondo l'Alta Corte di Lahore sarebbe suo legittimo marito perché, secondo il giudice, l'adolescente si sarebbe convertita all'islam. Maira dopo la fuga si è recata presso una stazione della polizia riferendo fra l'altro di essere stata filmata mentre veniva violentata dal sequestratore. La ragazza di Madina Town (Punjab) insieme alla madre Nighat e a tre fratelli sono attualmente in fuga dall'abitazione di Nakash, residente nei pressi di Faisalabad, luogo dove secondo fonti vicine ai familiari della vittima sarebbe stata anche costretta a prostituirsi. Maira ha confermato di rifiutare l'abiura della propria fede cattolica, sottolineando di essere stata ingannata tramite la firma di documenti in bianco estortale dal rapitore. Ha aggiunto che il sequestratore e i suoi complici l'hanno minacciata di pubblicare online il video dello stupro qualora non si fosse attenuta alle loro richieste.
La fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) è entrata in possesso, tramite il legale della famiglia, l'avv. Khalil Tahir Sandhu, del documento attestante le dichiarazioni rese da Maira alle forze di polizia. Descrivendo quanto accaduto dopo il sequestro avvenuto lo scorso aprile la minorenne ha dichiarato: «Mi sono trovata in un luogo sconosciuto dove l'accusato mi ha costretta a prendere un bicchiere di succo contenente un alcolico. In quel momento ero semi cosciente e l'accusato mi ha stuprata violentemente e mi ha anche filmata mentre ero nuda. Quando sono tornata in me ho iniziato a gridare e a chiedere loro di lasciarmi andare. Hanno minacciato di uccidere tutta la mia famiglia. Mi hanno anche mostrato il video in cui ero nuda e le foto che avevano scattato con i loro cellulari mentre mi stupravano». La vittima ha ribadito: «La mia vita era in balia dell'accusato e... Nakash mi ha stuprata ripetutamente e violentemente».
L'attivista per i diritti umani Lala Robin Daniel, in un colloquio con Acs, ha descritto la vita in fuga della vittima, costretta a spostarsi continuamente da un posto all'altro. «Maira è traumatizzata. Vogliamo portarla da un medico ma temiamo di essere scoperti». La famiglia ha richiesto l'arresto di Mohamad Nakash per crimini sessuali ai danni di un minore e l'avv. Tahir Sandhu si è rivolto all'autorità giudiziaria per ottenere l'annullamento del presunto matrimonio e il riconoscimento della violenza subita anche per ottenere la conversione all'islam. Il presunto sequestratore ha reagito richiedendo l'arresto della madre della vittima, Nighat, degli zii e di Lala Robin Daniel asserendo che loro avrebbero rapito la ragazza portandola via dalla propria casa nei pressi di Faisalabad.
Sono passate quasi tre settimane dopo la decisione assunta dall'Alta Corte di Lahore a favore di Mohamad Nakash, nonostante il legale di Maira abbia prodotto un certificato di nascita ufficiale dal quale risulta che l'adolescente aveva 13 anni al tempo del presunto matrimonio che si sarebbe consumato mesi prima del sequestro, lo scorso ottobre. Il religioso islamico citato nel certificato di matrimonio lo ha peraltro dichiarato falso e si è rivolto alle forze di polizia. Dopo mesi dal sequestro e dalle violenze fisica e spirituale Maira attende giustizia, e con lei restano in attesa le altre 2.000 ragazze che ogni anno in Pakistan subiscono trattamenti simili.
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