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La notizia viene dagli USA. Un genitore, di cui si ignora nome, età e sesso, vuole sposare suo figlio o sua figlia maggiorenne. Ovviamente negli States, essendo reato l'incesto, è illegittimo anche il matrimonio tra genitori e figli, il quale, se contratto, sarebbe semplicemente nullo. Ecco allora che questo genitore ha fatto ricorso presso il Tribunale federale di Manhattan lo scorso primo aprile affinché questa normativa, che gli impedirebbe di convolare a nozze con il figlio, venga dichiarata illegittima.
Vi sono stati alcuni precedenti simili. Ad esempio nel 2008 in Oklahoma una donna aveva sposato il figlio, poi aveva divorziato da lui e infine aveva sposato la figlia. Ovviamente riuscirono nell'intento occultando agli organi amministrativi i relativi legami di parentela. Poi il tutto venne a galla e madre e figlia ebbero seri guai con la giustizia. Altra vicenda datata 2018: Debby e Joe sono fratellastri avendo il padre in comune. I due si innamorano e poi si sposano. Ma anche in quel caso la finzione resse per poco e i due dovettero affrontare un processo penale. Invece esito diverso per una storia simile accaduta nel 2014: lei e lui sono fratellastri con madre in comune. I due si sposarono e una corte d'appello statunitense convalidò il matrimonio. Secondo i giudici non era incesto perché la relazione tra fratellastri è come quella esistente tra due cugini. Giudice che vai, sentenza che trovi. Ma forse il caso più famigerato, che tocca però molto di tangente quelli appena indicati, è quello che ha riguardato Woody Allen il quale sposò la figlia adottiva della ex compagna Mia Farrow, adozione che avvenne quando la Farrow era sposata con un'altra persona. Allen si giustificò asserendo si erano sposati solo per assicurare alla giovane sposa un solido futuro economico quando lui non ci sarebbe stato più.
LOVE IS LOVE
Torniamo alla notizia data in apertura. Il genitore, davanti ai giudici, ha così perorato la sua causa. Ha inizialmente fatto appello all'«autonomia decisionale». Facendo l'avvocato del diavolo, ci verrebbe da porre questa domanda: come dare torto a questo genitore? Se l'autonomia decisionale legittima l'uccisione del figlio nel grembo materno, perché non potrebbe legittimare anche il matrimonio con lui? Se l'autodeterminazione rende lecita l'eutanasia, perché non potrebbe rendere lecito anche il vincolo coniugale tra madre e figlio o tra padre e figlia?
Il ricorrente poi aggiunge: «Attraverso il legame duraturo del matrimonio, due persone, qualunque sia la relazione che potrebbe legare l'una all'altra, possono trovare un maggiore livello di espressione, di intimità e spiritualità». Potremmo così ulteriormente esplicitare questo concetto. Se «love is love» e dunque se è errato pensare che l'amore di coppia possa essere appannaggio solo di coppie eterosessuali, ciò può e deve valere non solo per due uomini o due donne, ma anche per madre e figlio (o figlio) e padre e figlia (o figlio). Come può esserci un amore di coppia tra due persone dello stesso sesso che si esprime carnalmente in un rapporto omosessuale, così può esserci un amore di coppia tra due persone della stessa famiglia che può esprimersi in un rapporto sessuale. Chi lo dice che l'affetto tra madre e figlio possa esprimersi solo con il bacio sulla guancia, l'abbraccio e le carezze sul volto? Dove è scritto che l'amore intenso genitoriale non possa esprimersi con il linguaggio altrettanto intenso del rapporto sessuale? Non solo: ma chi dice che la madre non possa provare non solo sentimenti materni, ma anche sponsali per il figlio? E dunque, se così fosse, perché non formalizzarli in adeguato modo sposandosi?
L'ABBANDONO DELLA LEGGE NATURALE HA CONSEGUENZE DEVASTANTI
Il tutto, a bene vedere, nasce, a monte, dalla liquefazione dell'istituto del matrimonio. Qualche decennio or sono si è iniziato a dire che l'importante non è il matrimonio, ma i sentimenti che legano i due fidanzati. Se l'aspetto essenziale è l'interiorità affettiva, sentimentale ed emozionale, va da sé che anche le persone omosessuali possano sperimentare tale interiorità, chiedendo altresì una formalizzazione di questo legame affettivo. Ma liberalizzato il sentimento d'amore rendendolo universale - l'amore può essere eterosessuale e anche omosessuale perché il vero amore non ha barriere - ecco che, fedeli a questo principio, si è esteso il concetto di amore anche agli animali (da qui le proposte di matrimonio interspecie), ai bambini (pedofilia), e ai parenti di primo e secondo grado. Il vero amore non deve appunto conoscere limiti e pensare al legame affettivo tra madre e figlio in termini solo genitoriali e non sponsali è appunto un limite. Altro limite è quello di escludere alcune espressioni fisiche consone a questo sentito interiore.
In sintesi il percorso che ci porterà a sdoganare anche l'incesto e il matrimonio tra genitori e figli e tra fratelli è assolutamente coerente con le premesse ed assolutamente logico nel suo articolarsi: l'amore è solo mero sentimento. Tutti i sentimenti che si percepiscono come piacevoli sono anche buoni moralmente. E dunque se provo un sentimento che qualifico come «amore di coppia» per mio figlio tale sentimento è vero e buono. Ma se provo questo particolare sentimento che percepisco come «coniugale» non si vede il motivo di negare a madre e figlio di sposarsi. In breve chi considera l'amore come mero sentimento e qualifica ogni sentimento piacevole come moralmente buono, non può che accettare l'incesto e il matrimonio genitoriale e tra fratelli.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Tommaso Scandroglio, nell'articolo seguente dal titolo "Licenziata perché no-trans... e con una legge alla Zan" racconta la storia di Maya Forstater, consulente fiscale, che è stata licenziata per aver twittato che «gli uomini non possono trasformarsi in donne». Una vicenda istruttiva anche per gli italiani alle prese con il Ddl Zan e l'illusorio emendamento «salva idee».
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 25-04-2021:
In questo racconto alla Kafka i personaggi sono tre. Abbiamo la signora Maya Forstater, consulente fiscale presso la sede londinese del Center for Global Development. Mrs Forstater ha inopportunamente ma coraggiosamente twittato: «Gli uomini non possono trasformarsi in donne». Jacques de La Palice avrebbe annuito. Secondo personaggio, il suo datore di lavoro che, letto il tweet transfobico, l'ha licenziata. Infine abbiamo la giustizia inglese. A fine 2019 la Forstater ha perso il ricorso contro il licenziamento perché, in sintesi, la sua libertà di opinione finisce dove inizia la tutela delle rivendicazioni del mondo Lgbt che ha una estensione inversamente proporzionale ai diritti delle persone eterosessuali-non transessuali di dire la loro.
Il paradosso sta nel fatto che Mrs Forstater per chiedere il reintegro del posto di lavoro si appellò all'Equality Act, legge del 2010 che dovrebbe tutelare tutti i sudditi di Sua Maestà dalle discriminazioni. Licenziata perché discrimina, lei cercò un'àncora di salvezza nella legge contro le discriminazioni. Àncora che invece la trascinò sul fondo. Infatti i giudici, nel caso Grainger plc v Nicholson che riguardava le discriminazioni religiose sul posto di lavoro, indicarono alcuni criteri, utili per l'interpretazione della sezione 10 di quella stessa legge dedicata a religione e credo, affinché un'idea legata al proprio credo possa venire espressa liberamente. Citiamo due di questi criteri. Il parere deve essere espressione di una convinzione profonda e non una mera opinione e inoltre deve essere «degno di rispetto in una società democratica, non incompatibile con la dignità umana e non in conflitto con i diritti fondamentali».
Vediamo come il giudice di primo grado ha interpretato il messaggio su Twitter della Forstater alla luce di questi due criteri. Secondo il giudice la donna ha espresso solo una mera opinione e, in secondo luogo, tale opinione è capace di creare «un clima degradante, intimidatorio, ostile, umiliante e offensivo». Inoltre, per soprammercato, il giudice ha aggiunto che vi sarebbero «prove scientifiche significative» in merito al fatto che i sessi sono più di due.
Come ha rilevato il giornalista Luca Marcolivio sull'International Family News: «I criteri stabiliti dalla sentenza Grainger plc v Nicholson hanno permesso di applicare le tutele della sezione 10 dell'Equality Act a chi crede nel nazionalismo scozzese, al veganismo su base etica, alla necessità di agire in fretta per fermare i cambiamenti climatici della Terra e pure allo stoicismo greco antico», ma non a chi afferma che un uomo non potrà mai diventare donna. Martedì si aprirà l'appello. Infatti la nostra eroina d'oltremanica non si è di certo arresa.
La vicenda inglese è istruttiva anche per noi italiani. L'emendamento «salva idee» contenuto nel Ddl Zan è solo uno specchietto per le allodole. Il trucchetto in sede di contenzioso sarà semplice: il criterio della libertà di opinione troverà un limite nel divieto di discriminazione. Il punto di forza del Ddl Zan sta proprio in come è stato concepito il criterio di discriminazione che è necessariamente unilaterale.
Facciamo un esempio. Tizio, presidente di un'associazione pro family, afferma che una famiglia è costituita solo da un uomo e da una donna. Caio, presidente di un'associazione Lgbt, trascina in giudizio Tizio. Il giudice applicherà la Legge Zan e affermerà che tale affermazione è discriminatoria perché offende le persone omosessuali. Tizio verrà condannato a un anno e mezzo di carcere.
Caso rovesciato. Caio afferma che una famiglia può essere costituita anche da due uomini o da due donne. Tizio trascina in giudizio Caio e perde. Per quale motivo? Perché Caio non ha discriminato nessuno. Tizio ha infatti sostenuto che la famiglia è solo quella formata da un uomo e una donna. Caio, all'apposto, ha affermato che famiglia non è solo quella formata da uomo e donna, ma anche quella formata da due uomini e da due donne. Non ha discriminato le famiglie eterosessuali. Parimenti, discrimina chi sostiene che esistono solo due sessi; non discrimina chi sostiene che oltre al sesso maschile e femminile ne esistono altri. Discrimina chi, come la signora Forstater, afferma che donna è solo quella biologica; non discrimina chi afferma che donna è anche quella biologica, ma non solo. Discrimina chi sostiene che sia naturale solo l'orientamento eterosessuale; non discrimina chi sostiene che sia naturale anche l'orientamento eterosessuale esistendo pure quello omosessuale. L'ideologia Lgbt è, almeno all'apparenza, omnicomprensiva. Il pensiero cristiano no, non gli va bene tutto.
Interpretato in tal modo il concetto di discriminazione, le affermazioni e le iniziative Lgbt saranno sempre inclusive perché non escludono l'eterosessualità e la concordanza tra sesso biologico e percezione psicologica (sono maschio e mi sento uomo) con tutti i loro relativi addentellati. Di converso chi rifiuta l'omosessualità e la transessualità è escludente, quindi non inclusivo e perciò discrimina. In breve il gay e il trans non dicono «No» alla persona etero e alla donna che si sente donna, e quindi mai potranno discriminare alcuno e alcunché. All'opposto il cattolico, rifiutando omosessualismo e transessualismo, non potrà che venire qualificato come «omofobo» e «transfobo». Un trucchetto, quello inserito nel Ddl Zan, efficacissimo per mettere con le spalle al muro la libertà di pensiero e quella religiosa.
Ma l'autentica libertà di pensiero si realizza proprio quando giudica negativamente queste due condizioni e le relative derive, cioè quando, per l'appunto, discrimina, ossia, letteralmente, discerne, distingue indicando alcune radicali differenze tra differenti scelte e condizioni ed esprime un giudizio di valore su di esse, pur nel doveroso rispetto della dignità delle persone omosessuali e transessuali. La vera libertà vuole dunque discriminare, cioè discernere condotte e condizioni, ma tutelando la preziosità intrinseca delle persone che assumono tali condotte e vivono tali condizioni.
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