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Accanto alla battaglia sul suicidio assistito, i Radicali stanno promuovendo anche la depenalizzazione della coltivazione della cannabis e di qualsiasi altro stupefacente compreso l'oppio, la coca e i funghi allucinogeni.
Una proposta che non va certo a braccetto con l'aumento del numero dei minori che, negli ultimi anni, sono risultati dediti al consumo di droga. Per non parlare, poi, del ruolo dello Stato che dovrebbe occuparsi di contrastare in maniera efficace il fenomeno, mentre la liberalizzazione della coltivazione della cannabis contrasta fortemente con tutto questo.
Come al solito, i primi a pagarne le conseguenze sarebbero proprio i minori, considerato che, com'è noto, le cosiddette "droghe leggere" creano dipendenza. Un aspetto sottolineato da molti studi. Citiamo uno degli interventi più recenti, quello del neurochirurgo Arnaldo Benini, pubblicato nel febbraio del 2019 sul Sole 24 Ore, a proposito della cannabis e degli effetti che produrrebbe la sua legalizzazione. Riportiamo uno stralcio della sua disamina, per avere un quadro completo dello scenario inquietante che si aprirebbe in Italia. «Nei paesi in cui la marijuana è stata legalizzata - si legge - il consumo è di molto salito, anche perché la diffusione ne ha abbassato il prezzo. Parallelamente è aumentato il numero d'incidenti stradali mortali dovuti alla condizione mentale da THC [Delta-9-tetraidrocannabinolo: il più importante principio attivo contenuto nella cannabis n.d.r.]».
«Il consumo aumenta soprattutto fra i giovani - sottolinea Benini - e il suo effetto nocivo è più forte, perché agisce sui cervelli in via di sviluppo. La convinzione che la marijuana distolga da droghe più potenti e rischiose, è smentita: la legalizzazione negli Stati Uniti, nel 1970, fu sospesa per l'enorme aumento del consumo di cocaina. Dal 2010, nei paesi dove è liberalizzata la marijuana, il numero di decessi per overdose di oppiacei è cresciuto. Nel 2017 il 7.5% della popolazione americana fra i 18 e i 25 anni soffriva di serie malattie mentali, il doppio di dieci anni prima. Dal 2006, il numero di ricoveri per psicosi in Usa è aumentato in proporzione all'aumento del consumo di marijuhana."
Un altro aspetto grave della questione, poi, è che la legalizzazione della cannabis indurrebbe a credere che si tratti di una sostanza innocua, addirittura approvata dallo stato e ciò non corrisponde ad alcuna verità scientifica oltre al fatto che ne spingerebbe al consumo.
Per non parlare poi delle assurde conseguenze a cui si assisterebbe se passasse la parte del quesito referendario relativo all'eliminazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida in relazione all'uso e alla detenzione non penalmente rilevante. Come fa notare Alfredo Mantovano in un suo intervento pubblicato su Il Foglio e poi ripreso da il Centro Studi Rosario Livatino: "Il che vuol dire che non solo chi abbia fumato uno spinello, ma anche chi si sia strafatto di cocaina non avrà problemi nel porsi alla guida di un veicolo. I promotori del referendum dovranno poi spiegare come mai se vado a cena da amici e bevo un paio di bicchieri di vino non posso rientrare a casa conducendo la mia auto, per via delle pesanti - e giustificate - sanzioni alla guida in stato di ebbrezza; se invece sniffo coca non ho problemi. Una frode con effetti criminali".
Nota di BastaBugie: l'autrice del precedente articolo, Manuela Antonacci, ha intervistato il magistrato Alfredo Mantovano che ha definito, senza giri di parole, il referendum sulla cannabis legale una "frode da etichetta".
Ecco l'intervista completa pubblicata su Provita & Famiglia il 10 gennaio 2022:
Il 'referendum cannabis legale' promosso dai radicali, Lei l'ha definito una "frode da etichetta", ci spiega Perché?
«Perché c'è una denominazione data dal comitato promotore a cui non corrisponde il contenuto del quesito referendario. Nel senso che il quesito referendario, quindi quello che andrà, se la Corte Costituzionale lo riterrà possibile, sulla scheda consegnata nelle mani degli elettori, prevede l'abrogazione di qualsiasi tipo di sanzione detentiva (quindi resta solo la multa) per la coltivazione di qualsiasi tipo di droga, quindi non soltanto cannabis o le droghe contenute nelle tabelle cosiddette "leggere", ma anche gli oppiacei e la coca. Poi è prevista l'eliminazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per chi è condannato per reati di droga, qualsiasi tipo di droga. E, inoltre, da ultimo, viene dichiarato legale il traffico delle sostanze oggi ritenute impropriamente leggere, in primis la cannabis. Quindi è il caso di chiamare le cose col loro nome e di parlare di referendum droga legale e non referendum cannabis legale»
Il quesito referendario è ingannevole?
«Più che il quesito referendario è ingannevole l'oggetto indicato. Nel senso che poi è difficile che la gente vada a prendersi i disegni di legge indicati, ma le persone sono orientate nella loro scelta da quello che viene indicato come oggetto. Tant'è vero che la Corte di Cassazione che ha voce in capitolo proprio nella verifica della fedeltà dell'oggetto, ancora si deve pronunciare. La prossima seduta sarà lunedì, ma ci sono dei rilievi formulati proprio sulla denominazione "cannabis legale". Quindi è molto probabile che l'oggetto sarà precisato».
Il cavallo di Troia, per arrivare alla legalizzazione tout court, è oggi rappresentato dagli usi medici della cannabis come palliativo. Se vincessero i sì al referendum sulla cannabis, davvero si risolverebbero le restrizioni sulle cure palliative?
«È totalmente falso. Le cure palliative purtroppo non funzionano perché la legge che le prevede, la legge 38 del 2010, non è mai stata adeguatamente finanziata. Per cui mancano, perlomeno in numero adeguato, le scuole di formazione, sia per i medici, sia per il personale sanitario palliativista. Non c'entra niente la disponibilità della cannabis che già c'è. Ma c'è molto di più. E' nella pratica medica da sempre, l'utilizzo della morfina. Sappiamo che la morfina è ricavata dall'oppio e quindi ha una catalogazione di maggiore gravità rispetto alla cannabis. Per cui se vengono utilizzate queste sostanze, quando lo ritengono opportuno i medici, per lenire il dolore, significa che è già possibile questo. Sostenere il contrario è dire una cosa che non ha nessun fondamento nella prassi quotidiana».
Di fronte a tutto questo c'è l'assordante silenzio del governo. Eppure, c'è un Dipartimento Antidroga, che fa capo alla Presidenza del Consiglio che fornisce dati ufficiali e importanti sui danni della cannabis. Vogliamo commentare?
«Io distinguerei due aspetti: il Dipartimento Antidroga della Presidenza del Consiglio, ogni anno pubblica una relazione che è rinvenibile sul sito del Dipartimento stesso ed è una relazione molto ampia, completa e dettagliata. Certo non si fa mistero dei danni relativi alla cannabis e della correlazione di questi danni con comportamenti criminali ed incidenti stradali ecc. Quindi il Dipartimento negli anni, ha fatto sempre delle relazioni molto puntuali. Quello che a me sconcerta e come Centro Studi Livatino abbiamo detto pubblicamente, è che il presidente del consiglio ha annunciato che, nel giudizio di ammissibilità davanti alla Corte Costituzionale, di questo referendum, come di quello sull'omicidio del consenziente, il governo non si costituirà per sostenere le ragioni di non ammissibilità e, anzi, la stessa presidenza del consiglio ha fatto di più: ha in qualche modo vantato di aver spostato in avanti il termine per la raccolta delle firme che se fosse stato quello di legge, previsto prima dell'intervento del governo, sarebbe dovuto essere il 30 settembre. Al 30 settembre, le firme per il referendum sulla droga non c'erano, nonostante la raccolta online. La proroga del governo, che non ha precedenti, ha reso possibile superare le 500.000 firme. Per cui, se oggi abbiamo questo referendum è perché il governo ha fatto questa scelta ed è una scelta che va in controtendenza rispetto a quello che lo stesso dipartimento antidroga da sempre denuncia come un pericolo».
VIDEO: DROGA, CHI C'È PASSATO DICE NO
https://www.youtube.com/watch?v=qcwkCFXdQv4
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