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« Torna ai risultati della ricerca
Da quando è stato approvato il VI Programma quadro per la ricerca, nell’autunno 2006, l’Unione europea finanzia con fondi comunitari la ricerca sulle linee cellulari ricavate da embrioni umani. Eppure sia a Strasburgo che a Bruxelles in pochi sembrano porsi problemi al riguardo, anzi. Agli eurodeputati sta più a cuore il futuro delle foche. A costo di sfidare le ire di Paesi amici. L’altroieri, infatti, il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza l’accordo raggiunto tra i Ventisette per vietare l’importazione di pelli di foca e di prodotti derivati, accogliendo le sollecitazioni di cittadini e associazioni animaliste che hanno inviato le loro proteste sull’onda emotiva delle immagini delle uccisioni cruente sulla banchisa. Il regolamento entrerà in vigore fra poco meno di un anno, in tempo per la prossima stagione venatoria. Il Canada, uno dei Paesi dove si concentra la caccia alle foche insieme a Groenlandia, Namibia, Norvegia e Russia, ha annunciato un ricorso direttamente all’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto).
Ma lo zelo per il welfare animale della Ue non si limita certo alle foche. Sempre l’altro ieri, il polacco Janusz Wojciechowski, del gruppo Europa per le Nazioni, ha chiesto che sia evitata ogni sofferenza inutile agli animali al momento della macellazione (in Europa ogni anno vengono macellati 360 milioni di capi d’allevamento tra maiali, bovini, pecore e capre, oltre a 4 miliardi di polli). Soprattutto, nella stessa giornata, è arrivato il primo sì di Strasburgo a una proposta di direttiva della Commissione per rafforzare l’armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di sperimentazioni sempre sugli animali. L’obiettivo è quello di ridurre questo tipo di test e di promuovere metodi alternativi, per arrivare prima o poi a un bando totale.
Un 'prima o poi' che ha lasciato tuttavia l’amaro in bocca a molti.
Monica Frassoni, per citare una voce di casa nostra (è presidente dei Verdi/Ale al Parlamento e capolista di Sinistra e Libertà per il nord ovest alle elezioni del prossimo 7 giugno), «il risultato complessivo è sotto le nostre attese non sottolineando a sufficienza la necessità di giungere sempre più a considerare la sperimentazione animale un eccezione e non la normalità». La Frassoni, all’epoca del referendum sulla Legge 40, nel 2005, sostenne con forza i quattro «sì», con l’obiettivo, tra gli altri, di garantire «le reali possibilità di favorire la ricerca».
Sugli embrioni umani, ovviamente.
La deriva animalista dell’Ue, se deve preoccupare, non deve certo stupire, essendo il riflesso di un’onda lunga culturale che tocca pressoché ogni landa occidentale. E che pubblicamente sembra destare sempre meno scalpore.
Se infatti ha suscitato ancora qualche sorpresa la risoluzione approvata dalla commissione ambiente del parlamento spagnolo la scorsa estate, quella in cui si invitava il governo di Madrid ad aderire al «Progetto Grandi Primati», iniziativa internazionale tendente a riconoscere il diritto alla vita e alla libertà alle scimmie antropoidi (orangutan, scimpanzé, gorilla e bonobo), poco risalto è stato dato ai risultati a cui è giunta lo scorso ottobre, in Svizzera, una Commissione federale di etica per l’Ingegneria genetica, incaricata di stilare un rapporto sull’identità della flora e il suo rapporto con l’uomo. Secondo la commissione elvetica, fiori e piante avrebbero dignità e un valore morale, ovvero diritti e sentimenti, per cui sarebbero da condannare le violenze gratuite – come la «decapitazione di un fiore di campo senza un valido motivo» – oltre alle manipolazioni genetiche.
Soli pochi mesi prima, il Parlamento di Berna aveva approvato una legge che obbliga i padroni dei cani a completare un corso completo di trattamento dei quadrupedi – con teoria e pratica – promuove la realizzazione di una «pesca umana» – per non turbare eccessivamente il benessere dei pesci – e stabilisce il modo in cui quelli eventualmente acquistati per essere tenuti in un acquario o in una palla di vetro debbano essere trattati dai rispettivi proprietari. Per un Paese che ha aperto in pochi anni ad aborto e suicidio assistito, è certamente un bilancio di tutto rispetto.
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