« Torna agli articoli di Francesco Agnoli


TERREMOTO IN GIAPPONE (1): LA CULTURA LAICISTA IN ITALIA SI SCAGLIA INGIUSTAMENTE CONTRO RADIO MARIA E IL PROFESSOR DE MATTEI
Eppure era stata riproposta semplicemente la dottrina cattolica di sempre sul mistero del male
di Francesco Agnoli
 

Recentemente il professor Roberto de Mattei, affrontando in termini teologici, il recente terremoto in Giappone, ha sollevato un forte dibattito. Cosa ha detto di così particolare il De Mattei?
Ha proposto una domanda che da sempre angustia l'uomo: unde malum? (da dove il male? N.d.BB) Questa domanda è il più grande scandalo con cui ognuno di noi abbia a che fare. "Perché?" ci chiediamo tutti, quando il telegiornale ci presenta morti violente, omicidi efferati e mostruosità di cui l'uomo si rende protagonista.
A questa domanda vi sono due risposte.
Il credente tira in ballo il peccato originale, la legge di Dio, la libertà umana.
L'ateo, invece, prova a giustificare con il determinismo (Lombroso), la società che corrompe gli individui (Rousseau), il domani in cui, passando per i gulag e i tribunali rivoluzionari, non vi saranno più nè ladri, né delinquenti, e quindi, come promettevano Marx e i suoi epigoni, neppure polizia, eserciti e tribunali. Altri ancora negano del tutto l'esistenza del male morale, in nome di un totale relativismo, oppure si limitano a non proporre alcun tentativo di risposta, ma il problema del Bene e del male, del Vero e del falso rimane.
Oltre al male morale, di cui l'uomo è personalmente colpevole, ha aggiunto de Mattei, ci sono i mali "naturali", che avvengono senza colpa specifica: un figlio che nasce malato, un terremoto, una catastrofe naturale. Anche di fronte a questi fatti vi sono due atteggiamenti possibili. Vediamo prima quello dei Voltaire e degli atei di ogni epoca: per costoro le catastrofi naturali sono la dimostrazione che Dio non esiste, o che, se c'è, non si prende cura dell'uomo.
La conseguenza filosofica è chiara: siamo solo "bambocci di carne", agglomerati di atomi, figli del caso e della necessità, macchine complesse destinate ai vermi... In quest'ottica, si badi bene, che l'uomo muoia prima o dopo, per terremoto o per un embolo, a gruppi di 5 o di 10, non cambia molto. Perché ti stupisci che io non mi curi di te - dice all'Islandese la Natura dell'ateizzante Leopardi - che io ti perseguiti con il freddo e il caldo, i terremoti e gli tsunami? Tu non sei niente, non vali niente, sei solo parte di un immenso meccanismo cieco che tutto stritola, e che non distingue tra uomini e formiche.
Diciamoci la verità: se l'uomo non è altro che materia, e solo materia, perché addolorarci così tanto per un terremoto che uccide migliaia di uomini e non per una pioggia che allaga un formicaio?
Questa, se fossero coerenti, dovrebbe essere la posizione dei membri dello Uaar che urlano contro de Mattei: "terremoto del Giappone e tsunami sono l'equivalente di una tempesta che distrugge una tonnellata di mele, o che stermina un formicaio". Come un "colpo di fortuna", per dirla con R. Dawkins, ha generato l'universo e l'uomo, così liberi "colpi di sfiga" si incaricano di tanto in tanto di devastare Terra e individui.
De Mattei, al contrario, propone una visione diversa, una visione cattolica. Non piace? Liberissimi. Ma non occorre urlare contro il retrogrado che dovrebbe dimettersi perché il suo pensiero non sarebbe "scientifico".
Come ragiona de Mattei? Sentiamolo: "se Dio permette i terremoti e altre sciagure esistono ragioni che Egli conosce e che noi non conosciamo"; perciò dobbiamo "accettare la volontà di Dio dinanzi alle catastrofi naturali, pur facendo tutto quanto è in nostro potere per evitarle".
Traduco: nascono figli Down? Facciamo di tutto per evitarli, ma se ci nasce, accettiamolo e amiamolo così. Avvengono catastrofi naturali: studiamo ogni modo per evitarle, ma se accadono, ciò non dimostra che l'universo sia, per utilizzare una espressione della Margherita Hack, solo una grande scorreggia ("il Big Bang è la più grande scorreggia dell'universo da cui è nato tutto quello che noi possiamo osservare").
Spieghiamo allora il punto di partenza di questo ragionamento: Dio esiste ed è Padre. Questo non è sempre ben chiaro, e ben visibile.
Eppure, nonostante l'apparente indifferenza e ostilità del cosmo e delle forze naturali verso l'uomo, non è altrettanto vero che proprio l'evoluzione cosmica si è organizzata in modo tale da produrre quelle straordinarie e improbabilissime condizioni necessarie al "miracolo" della vita, come scriveva il genetista ateo Francis Crick, e al miracolo, ben più grande, dell'uomo?
Per un credente, insomma, Dio c'è e l'uomo è immortale. Per questo occorre cercare di capire, almeno in piccola parte, perché, nonostante questo, il male accada. Scrive de Mattei, utilizzando anche le parole di mons. Manzella: "La grandezza della Divina Provvidenza si manifesta soprattutto nella capacità di Dio di trarre il bene dal male fisico e morale dell'universo, quel male che egli non causa, ma che permette per un fine superiore...Nessuno può dire con certezza se il terremoto di Messina o quello del Giappone sia stato un castigo di Dio... Per quale fine in concreto Dio ha operato in un caso speciale? Per quale fine Messina e Reggio sono state distrutte? Chi potrebbe dirlo? E possibile fare delle congetture, non è possibile affermare alcuna cosa con certezza. Intanto per noi, al nostro scopo, basta la sicurezza, che le catastrofi possono essere, e talora sono esigenza della giustizia di Dio".
Ancora: "Le grandi catastrofi sono certamente un male, però non sono un male assoluto, ma una male relativo, dal quale sorgono beni di ordine superiore e più universali. La luce della fede ci insegna che le grandi catastrofi, o sono un richiamo paterno della bontà di Dio, o sono esigenze della divina giustizia, che infligge un castigo meritato, o sono un tratto della divina misericordia, che purifica le vittime aprendo loro le porte del Cielo. Perché il Cielo è il nostro destino eterno".
Analogamente, Alessandro Manzoni, descrivendo don Rodrigo colpito dalla peste, fa dire a Fra Cristoforo: "può essere castigo o misericordia". Oppure castigo e misericordia insieme.
 In verità il credente non gioca a fare il Padreterno, non sa perché Dio permetta la nascita di un figlio Down o un terremoto, ma immagina che un significato che gli sfugge, ci sia. Così come hanno fatto tutti i popoli, che hanno sempre dato un significato metafisico al "diluvio universale".
La giornalista Flavia Amabile, de La Stampa, ritenendo di dire cosa acuta, ha scritto che il discorso di De Mattei è condotto "in modo piuttosto anomalo per il suo ruolo", secondo "un punto di vista non particolarmente basato sulla scienza".
Forse la Amabile dovrebbe tenere presenti tre cose.
La prima: che a radio Maria de Mattei non parla come vicepresidente del Cnr, ma come cattolico.
La seconda: che la spiegazione scientifica del male morale, non esiste, e quella del male naturale, non basta. Se bastasse, bisognerebbe dire che il figlio Down è solo un errore di trascrizione genetica, cioè un essere naturalmente inferiore; e che il terremoto non è altro che un aggiustamento, più o meno casuale, della crosta terrestre. Un'altra scorreggina, insomma... Ma questa spiegazione "scientifica" non soddisfa, perché l'uomo non è una formica né una mela, e anela al perché metafisico di ciò che accade. Per questo di fronte al Down è capace di vedere in profondità, la dignità immortale di un uomo come gli altri, e di fronte al dramma di un terremoto, non può che implorare Dio, o anche maledirlo.
 Infine, la Amabile dovrebbe sapere che i più grandi scienziati della storia (Copernico, Galilei, Keplero, il fondatore della geologia Stenone, Galvani, Volta, Mendel, Pasteur, Maxwell, Planck...) erano religiosi, credevano cioè al peccato, all'anima, a Dio, alla Transustanziazione, e persino all'Apocalisse (vedi Newton), senza che per questo qualcuno si sognasse accusarli di "un punto di vista non particolarmente basato sulla scienza". Nessuno di loro avrebbe mai rinunciato a chiedersi il perché ultimo del problema del male. Forse anche perché giornalisti di un certo tipo, a quei tempi, per loro fortuna, non c'erano...

 
Fonte: Libertà e Persona, 01/04/2011