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« Torna agli articoli di Paolo
Se esistessero una bilancia per pesare il valore di una vita, un cronometro per decidere fino a quando valga la pena viverla e un metro per misurarne la dignità, certo non basterebbero per contenere la grandezza dei 37 anni che Paola Gorla ha trascorso su questa terra. Fino a domenica notte, quando una polmonite virale se l’è portata via per sempre. «Paola è morta fisicamente ma il dono della sua presenza resterà con noi», dice mamma Anita che con papà Giorgio e il fratello maggiore Alessandro, oggi 39enne, saluterà la figlia, per l’ultima volta, questa mattina nella chiesa parrocchiale di Fino Mornasco (Como) dove la famiglia Gorla risiede.
Avevamo incrociato la storia di Paola una calda mattina d’estate di un anno fa. Erano i giorni del “caso-Eluana” e anche Paola, con i suoi genitori, aveva voluto partecipare a una delle tante iniziative contrarie alla sentenza di morte a carico della sfortunata lecchese. Paola non vedeva, non parlava, non sentiva e non poteva camminare né stare seduta. Fulminata a quattro mesi dal vaccino antipertosse trivalente, giaceva in stato vegetativo dal 1972. Encefalopatia da antigene pertossico, era stata la terribile diagnosi emessa dagli specialisti dell’ospedale di Merate (Lecco) ai quali i genitori si erano rivolti per capire che cosa avesse quella figlia che, tutto a un tratto, aveva smesso di mangiare e di comportarsi come gli altri neonati.
Mamma Anita e papà Giorgio si sono dimostrati più forti del dolore, enorme, che li aveva investiti. Si sono rimboccati le maniche e hanno letteralmente costruito una casa su misura per Paola. Siccome la ragazza non stava bene nell’appartamentino al terzo piano dove abitavano, con i risparmi di una vita di lavoro ne hanno realizzata una nuova, con l’ascensore e la piscina riscaldata per la fisioterapia.
Per 37 anni, la vita dei Gorla è stata scandita dai tempi di Paola: la nutrizione tramite Peg, di cui papà Giorgio era ormai diventato espertissimo, il catetere tre volte al giorno per liberare la vescica e l’aspiratore per tenere liberi e puliti naso e bocca. Tutto questo per 13.505 giorni. Tutto inutile? Non ditelo a mamma Anita.
«Paola – racconta con un filo di voce – ci ha reso la vita più gioiosa e felice. Tutti i giorni ci dava un nuovo obiettivo, ci raccontava un nuovo capitolo di una storia che noi avremmo tanto voluto continuare a scrivere ancora per molto. Mi manca tantissimo anche se ho la certezza che, adesso, dopo 37 anni, può fare finalmente ciò che le sarebbe tanto piaciuto: correre, giocare e ammirare tutti i doni che Dio ci ha fatto. Ora può farlo e questo, potrà apparire paradossale, ci rende gioiosi e riempie almeno un po’ il grande vuoto che ha lasciato nella nostra casa e nelle nostre vite. Questo pensiero ci dà forza e ci sostiene nella prova. L’amore per Paola non è stato vano; lei è stata il nostro ossigeno e la nostra ragione di vita e vogliamo ringraziare il Signore per ogni singolo giorno che ci ha concesso di trascorrerle accanto».
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