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« Torna agli articoli di Virginia Lalli
L'aborto per i casi di gravidanza derivanti da stupro o incesto è stato uno dei cavalli di battaglia dei movimenti abortisti nonché oggetto della nota sentenza "Roe vs Wade" del 1973 che aprì alla legalizzazione dell'aborto negli Stati Uniti.
Tuttavia la difesa abortista sembrerebbe aver utilizzato uno degli stratagemmi presentati nel libro di Arthur Schopenhauer l'"Arte di ottenere ragione" ovvero quello di rendere esagerata la tesi difesa dagli altri, restringendo invece le proprie affermazioni.
La difesa abortista della ricorrente Jane Roe pur povera, senza compagno e alla terza gravidanza, rendeva il caso molto drammatico aggiungendo una circostanza inventata: lo stupro mentre di contro la soluzione offerta veniva presentata come facile e senza conseguenze: l'aborto. Perché allora parimenti non presentare sempre per la sig.ra Jane Roe l'eventualità di un aborto legale con conseguenze drammatiche come accade poi nella realtà. Ovvero che si verificasse per la sig.ra Jane Roe emorragia e anche la morte oppure gravi conseguenze psichiatriche aggiungendo così altro dolore alle sue già tristi vicissitudini come presentate dalla già citata difesa?
Il giudice americano Oliver Wendell Holmes (1841-1935) una volta affermò: "I casi difficili producono cattive leggi".
Un libro americano del 1973 è intitolato. "Abortion: The Troian Horse".
Lo stupro si rivelò infatti il cavallo di Troia per aprire una breccia nel muro del divieto assoluto di aborto. Con la successiva sentenza "Doe vs Bolton" del 1973 poi l'aborto veniva consentito per tutti i casi e fino al nono mese.
Secondo quanto sostiene la Society for Protection of Unborn Children fondata da Aleck Bourne un medico che aveva fatto abortire una ragazza vittima di violenza: la gravidanza a seguito di uno stupro è estremamente rara. Una donna è fertile solo per 3-7 giorni durante il suo ciclo e un trauma estremo fisico e psicologico di violenza rende difficile la fertilità e che l'impianto si verifichi.
Negli Stati Uniti è uscito il libro di David Reardon, Julie Makimaa e Amy Sobie "Victims and Victors" Acorn Books 2000. Il libro affronta le questioni che riguardano la gravidanza frutto di violenza sessuale e l'aborto. Viene riportato un sondaggio di quasi 200 donne che hanno avuto gravidanze derivanti da stupro e incesto. E rivela una verità raramente sentita: la maggior parte delle donne che rimangono incinte per una violenza sessuale non vuole abortire. Il libro va oltre la retorica che domina il problema aborto per dare la possibilità alle donne di raccontare le loro storie: 20 donne parlano di cosa vuol dire affrontare una gravidanza derivante da stupro o incesto. Parlano con coraggio e franchezza del dolore della violenza sessuale, della tristezza e del trauma dell'aborto e della gioia e della guarigione del parto.
"Dopo che mia figlia è nata è stato amore a prima vista... So che ho fatto la scelta giusta a farla nascere" Nancy Cole
"Gli effetti dell'aborto hanno una maggiore portata rispetto agli effetti della violenza nella mia vita". Patricia Ryan
"Penso che le vittime di stupro con gravidanza sono discriminate perché la gente sembra pensare che sei una cretina se decidi di tenere un bambino da un uomo che ti ha violentata. Ci considerano bugiarde e stupide". Sharon Bailey
"L'aborto non aiuta a risolvere un problema solo crea un altro trauma per la vittima già in lutto togliendo l'unica cosa che può dare gioia". Helene Evans
"Ringrazio Dio per la forza che mi ha dato per attraversare i momenti difficili e per la gioia nei momenti buoni. Non mi sono mai pentita di aver scelto di dare la vita a mia figlia". Mary Murray
"Avendo vissuto lo stupro, e dopo aver cresciuto un figlio 'concepito in uno stupro', mi sento personalmente aggredita e insultata ogni volta che sento che l'aborto dovrebbe essere legale per stupro e incesto. Sento che stanno strumentalizzando la vicenda per promuovere la questione dell'aborto, anche se non è stato chiesto di raccontare la nostra versione della storia". Kathleen DeZeeuw
La maggior parte delle donne che hanno avuto aborti ha dichiarato che l'aborto ha aumentato solo il trauma che stavano vivendo.
In molti casi la vittima ha forti pressioni o richieste di abortire, il 43% delle donne vittime di stupro che hanno abortito dichiara di essersi sentita sotto pressione da familiari e operatori sanitari o che la decisione è stata presa dall'autore della violenza o dai familiari, non dalla ragazza stessa ed eseguito contro la sua volontà espressa, senza sapere che era incinta e che l'aborto era in corso.
Inoltre gli studi che esaminano i fattori di rischio per problemi psicologici dopo l'aborto rilevano che con una storia di violenza sessuale o di abuso aumentano le probabilità di avere difficoltà ad affrontare il post-aborto.
La ricerca mostra anche che le donne che abortiscono e le donne che vengono violentate spesso descrivono sentimenti simili di depressione, senso di colpa, bassa autostima, risentimento verso gli uomini. Invece di alleggerire gli oneri psicologici vissuti dalle donne che sono state violentate, l'aborto li ha aumentati.
Dalla storia di Denise: quando lei aveva 15 anni era stata violentata dal padre e costretta ad abortire, come il 78% delle madri che hanno abortito dopo stupro o incesto sostiene che l'aborto ha solo aumentato la sua sofferenza.
"Dicevano che l'aborto avrebbe risolto il problema: quando invero per prima cosa il problema da risolvere era un altro."
"I tuoi genitori sanno cosa è meglio. Quando loro pensavano solo alla propria reputazione."
"Mi è stato detto: "Hai preso la decisione migliore. Invece non mi è stata data possibilità di scelta."
"Sono stata violentata e tradita da mio padre. Sono stata violentata di nuovo dagli abortisti."
Spazzando via la gravidanza è un modo di nascondere il problema. Si tratta di un modo "semplice e veloce" per evitare di trattare con la donna i veri bisogni emotivi e sociali.
Secondo quanto riporta uno studio dell'Elliot Institute il caso di aborto per le gravidanze da incesto è ancora più forte. Gli studi dimostrano che le vittime di incesto raramente accettano l'aborto. Invece di visualizzare la gravidanza indesiderata, la vittima di incesto è più probabile che veda la gravidanza come una via d'uscita dalla relazione incestuosa.
E' anche probabile che la vittima consideri la gravidanza con la speranza di avere un bambino con il quale riuscire a stabilire un rapporto d'amore vero, molto diverso da quel rapporto di sfruttamento nel quale è stata intrappolata.
Ma mentre la ragazza può vedere la sua gravidanza come un possibile modo di liberazione dalla sua situazione, questo rappresenta una minaccia per il suo aggressore. E anche una minaccia per la segretezza patologica che può avvolgere altri membri della famiglia che hanno paura di riconoscere l'abuso. A causa di questa doppia minaccia, la vittima può essere costretta ad un aborto indesiderato.
Non solo la vittima viene derubata del suo bambino ma si nasconde un delitto, una colpevole complicità e si consegna di nuovo la vittima al suo aggressore in modo che lo sfruttamento possa continuare.
Il padre di tre ragazze dichiarato colpevole di stupro e abusi sessuali dal tribunale aveva ripetutamente violentato le tre figlie in un periodo di nove anni e gli stupri sono stati coperti da dieci aborti. Cinque degli aborti sono stati effettuati dalla stessa abortista della stessa clinica.
Nel 2002 un giudice ha condannato un operatore di Planned Parenthood in Arizona per negligenza, non avendo segnalato un caso nel quale una ragazza di 13 anni aveva avuto un aborto da una violenza di suo fratello di 23 anni. La ragazza era tornata 6 mesi dopo per un secondo aborto.
Infine dobbiamo riconoscere che i bambini concepiti attraverso la violenza sessuale meritano di avere la loro voce. Rebecca Wasser-Kiessling che è stata concepita in uno stupro, è orgogliosa del coraggio e della generosità di sua madre e ci ricorda saggiamente una verità fondamentale che trascende la paternità biologica: "Io credo che Dio ha premiato mia madre per la sofferenza che ha subito, io sono un dono per lei. Lo stupratore non è il mio Creatore, Dio lo è".
Allo stesso modo, Julie Makimaa, che lavora contro la percezione che l'aborto è accettabile o persino necessario in casi di violenza sessuale dichiara: "Non importa come ho cominciato. Ciò che conta è ciò che diverrò".
Nota di BastaBugie: L'autrice di questo articolo (www.virginialalli.com) lavora in uno studio legale cattolico che offre consulenza gratuita su aborto e Legge 194. Riceve per appuntamento ogni lunedi dalle 16.00 alle 20.00. Lo studio si trova a Roma e il telefono è 06-8414845.
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